L'Is fa ancora sfoggio della sua
barbarie mettendo letteralmente in gabbia 21 prigionieri,
soprattutto Peshmerga curdi, per farli sfilare in parata in una
cittadina irachena. Ma gli Shabaab somali, alleati di al Qaida,
contendono la scena agli uomini del Califfo e fanno scattare la
massima allerta in Usa e Gb dopo le minacce di attacchi ai
centri commerciali dei due Paesi e del Canada.
Le nuove vittime predestinate dell'Is vengono immortalate
tutte con la tuta arancione. Uno a uno vengono fatti sfilare a
capo chino davanti alla telecamera, poi rinchiusi in una gabbia.
Un flashback inserisce l'immagine del pilota giordano bruciato
vivo, anche lui dietro le sbarre. Le gabbie vengono caricate sui
pickup, che in parata fendono una folla di sostenitori, anche
tanti ragazzini, che inneggiano al califfo Abu Bakr al Baghdadi.
L'ultimo video shock dell'Isis sarebbe stato girato qualche
giorno fa nel mercato principale di Hawija, un villaggio
controllato dai miliziani a circa 50 chilometri da Kirkuk, la
città irachena dove i miliziani sono stati costretti alla
ritirata proprio dai curdi. I prigionieri sono 16 Peshmerga, 2
ufficiali dell'esercito iracheno e tre poliziotti. Alcuni
vengono 'intervistatì nelle gabbie, costretti a dare le proprie
generalità e 'recitarè il copione scritto dai loro boia. "Sono
prigioniero da 15 giorni e il mio governo non fa nulla", afferma
uno. Un altro condanna i bombardamenti, e accusa i propri
leader: "Fanno il gioco degli Usa e degli ebrei".
"Questo è un messaggio al popolo dei musulmani curdi. La
nostra guerra non è contro di voi, ma contro i laici e gli atei.
Peshmerga fermatevi, o il vostro destino sarà lo stesso di
quelli in gabbia o sottoterra", dice il miliziano dell'Isis che
introduce il video.
Nelle inquadrature finali, i prigionieri sono inginocchiati a
terra con alle loro spalle i boia armati di pistola. La sequenza
è interrotta da altri 'flash': sono le terribili immagini dei
copti cristiani decapitati su una spiaggia libica che hanno
fatto scattare i raid egiziani.
Poi il silenzio. L'inquadratura stringe sull'occhio di uno
degli ufficiali prigionieri. Per loro, come nel caso dei 20
egiziani copti e di un cittadino del Ciad sgozzati in Libia, non
sembrano esserci speranze. Le autorità curde non hanno
intenzione di intavolare alcuna trattativa e minacciano: "Se li
uccideranno, pagheranno un caro prezzo".
Intanto, fonti irachene rivelano che a qualche centinaio di
chilometri di distanza da Kirkuk, nei pressi di Ramadi, i
miliziani "stanno scavando una fossa comune per accelerare le
esecuzioni dei loro oppositori, che vengono bruciati vivi".
In attesa di pubblicare nuovi tremendi video, la macchina di
propaganda dell'Is mette in rete altre immagini drammatiche,
quelle di decine di ragazzini in tenuta militare in un campo di
addestramento a Raqqa, in Siria.
Gli osservatori segnalano che si tratta di ennesimi tentativi
di coprire con la propaganda le sconfitte che l'Is sta patendo
su quasi tutti i fronti, con la maxi offensiva per la
riconquista di Mosul che si avvicina: dovrebbe scattare ad
aprile. Il nuovo numero uno del Pentagono, Ashton Carter, è
sbarcato in Kuwait per un briefing con i responsabili delle
forze armate americane impegnati nella lotta all'Is. Proprio
in Kuwait è stata dislocata una forza di 4.000 uomini pronti a
intervenire per sostenere gli iracheni e i curdi.
Ma gli Usa si trovano in queste ore a fare i conti con la
minaccia diretta degli Shabaab, che in un video paventano
attacchi come quello che nel settembre 2013 fece 60 vittime in
Kenya. E si citano alcuni possibili obiettivi, il Mall of
America in Minnesota, il West Edmonton ad Alberta e il mall di
Oxford Street a Londra.
Fbi e 007 americani concentrano la loro attenzione nell'area
di Minneapolis, dove si trova la più grande comunità somala
degli Stati Uniti. Qui i jihadisti hanno arruolato tanti
giovani, alcuni poi diventati foreign fighters. Altri potrebbero
essere rimasti a casa, pronti a trasformarsi in 'lupi
solitarì.
Mogherini: l'is "rappresenta in Libia un rischio
reale e vero". Così il capo della diplomazia Ue, Federica
Mogherini, sulla
situazione in Libia dove, ha detto "serve un interlocutore
unico". Per Mogherini il problema in Libia è
che "più che di fronte ad uno Stato fallito, la domanda e se
esiste uno stato in Libia...dove non c'è nessun controllo
autorità. Ci troviamo di fronte ad un perfetto mix pronto
all'esplosione a poche centinaia di km dalla coste italiane".
In sintesi per il capo della diplomazia Ue "dopo la caduta
di Gheddafi (20 ottobre 2011) è mancata la costruzione di uno
Stato" e questo ha innescato tutti i problemi che ora dobbiamo
affrontare.
Per quanto riguarda Isis Mogherini ritiene che in Libia ci
si trovi di fronte ad "un franchising di Isis (nato tra Iraq e
Siria, ndr) che fa uso messaggi che distorcono il mesaggio
dell'Islam per una lotta potere all'interno del mondo musulmano
e sfrutta vuoto potere (in Libia)".
L'ex ministro degli Esteri italiano ha quindi ricordato
come l'Italia può rivendicare "un ruolo da protagonista".