Di ora in ora, in tutta la Francia, la tensione e l’esasperazione conoscono nuovi picchi nel braccio di ferro attorno alla bozza di legge socialista sulle nozze e adozioni gay. Prima a Nantes, città d’origine del premier Jean-Marc Ayrault, poi pure a Versailles e Parigi, frange di oppositori hanno scandito cori particolarmente crudi, come: «Hollande fascista, dittatura socialista». A Caen, sulla Manica, un manifestante è stato aggredito al termine del corteo in circostanze poco chiare. Mentre nella capitale, si sono visti blitz del collettivo Hommen, capace di bloccare il traffico in pieno centro. Martedì in tarda serata, invece, persino a cinque deputati dell’opposizione neogollista è stato impedito di entrare nei rispettivi uffici parlamentari, accanto all’Assemblea nazionale, dai cordoni di sicurezza degli agenti circondati dalla folla del collettivo associativo La Manif pour tous, che proprio da martedì invita a protestare senza aggressività ogni pomeriggio e fino a notte fonda davanti alla Camera bassa.L’episodio è stato anche filmato e “postato” sul Web. Uno dei deputati bloccati, Damien Meslot, ha denunciato la «sproporzione fra il dispositivo di polizia massiccio ed estremamente febbrile e il carattere molto pacifico dei manifestanti che erano seduti a terra e che cantavano la Marsigliese». In proposito, continuando a invitare tutti alla calma, la Manif non ha digerito l’ondata di circa 200 fermi e arresti degli ultimi giorni, talora apparentemente solo per il fatto di portare felpe con il logo del movimento. Nel caso di Versailles, poi, il movimento ha denunciato provocazioni e infiltrazioni della polizia, sporgendo 4 denunce per insulti, minacce e incitamento a turbare l’ordine pubblico: «Certi poliziotti, non solo preoccupandosi di non portare la fascia Polizia, ma recando delle bandiere della Manif, hanno cercato di fabbricare completamente scontri e violenze». A proposito di questo clima, per il Collettivo dei sindaci per l’Infanzia, sempre più imponente e forte ormai di oltre 20mila adesioni in tutto il Paese, «la democrazia è in pericolo». Ieri pomeriggio, all’Assemblea nazionale è cominciato il dibattito in seconda lettura della bozza. L’opposizione intende presentare oltre 700 emendamenti, ma l’esecutivo ha imposto un dibattito limitato a 25 ore. Il presidente François Hollande vuole un varo parlamentare definitivo, con «voto solenne», già martedì prossimo. E la schiacciante maggioranza socialista sembra prefigurare questo esito. Ma al contempo, il clima incandescente sta spingendo molte personalità ad esternare la propria preoccupazione. Alla radio, ieri mattina, l’ex premier neogollista Jean-Pierre Raffarin ha evocato esplicitamente lo scoppio del Maggio 1968: «Vediamo bene, per citare de Gaulle, che c’è una minaccia di confusione nel Paese. Se la rabbia sindacale si sommerà a quella sul fronte sociale, saremo in una situazione di grande fragilità». Nell’immediato, le principali speranze degli oppositori sono legate a un’eventuale e rapida bocciatura del Consiglio costituzionale, subito dopo il varo in Parlamento. Molti esperti la giudicano possibile, dato che la bozza sembra in attrito con lo stesso Codice civile, oltre che con due convenzioni internazionali ratificate dalla Francia. Da parte sua, il deputato Hervé Mariton, divenuto nell’opposizione uno dei volti simbolo del «no», ha promesso che i neogollisti indiranno un referendum al momento della prossima svolta al potere. Su iniziativa del premier Ayrault, una delegazione della Manif è stata ricevuta dal ministro dell’Interno, Manuel Valls. Ma concretamente, come hanno confermato all’uscita gli stessi rappresentanti del collettivo, il governo resta intransigente. Intanto, gli ultimi sondaggi hanno confermato che una netta maggioranza di francesi rifiuta la bozza. Anche per questo, continuano a giungere all’Eliseo pressioni di ogni tipo, comprese nuove richieste di un’immediata consultazione referendaria.