L’Inghilterra e il Galles sono sempre più vicini all’approvazione del matrimonio gay. Ieri la Camera dei Lord, dopo due giorni di intenso dibattito, ha respinto con 390 voti contro 148 un emendamento proposto da Lord Dear che avrebbe bloccato l’iter parlamentare della proposta di legge dando così il via allo stadio finale del processo legislativo. Oggi il progetto normativo tanto voluto dal premier conservatore David Cameron entrerà nel “committee stage”, un periodo dai due ai cinque giorni in cui sarà esaminata ulteriormente dai Lord finché non sarà sottoposta a una terza lettura e a un voto finale. Se passerà anche questo stadio avrà bisogno solo del consenso della regina per diventare legge a tutti gli effetti. Prima del voto alla Camera dei Lord, la proposta di legge era stata approvata lo scorso 21 maggio dai Comuni con una maggioranza di 366 deputati contro 161. Per due giorni, centinaia di persone si sono riunite intorno al Parlamento di Westminster per pregare affinché i Lord proteggessero il matrimonio tradizionale. Ieri erano cinquecento, il giorno prima quasi mille. La loro voce si è fatta sentire forte e chiara assieme a quella delle 700mila persone che hanno firmato una petizione per salvare l’istituzione tradizionale; a quella di oltre 40mila insegnanti che hanno dichiarato che non accetteranno mai di inserire le nozze gay nelle loro lezioni o a quella di migliaia di persone comuni che hanno scritto ai loro rappresentanti parlamentari esortandoli di votare contro questa legge. Una normativa, ha commentato durante il dibattito ai Lord il nuovo leader della Chiesa Anglicana, l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, «che abolisce il concetto di matrimonio tradizionale, una pietra miliare della nostra società». A differenza della Francia, chi ha parlato a favore del matrimonio gay in Gran Bretagna, più che la gente, sono stati i politici, i membri del gabinetto vicini al premier e quelli dell’opposizione guidati dal laburista Ed Miliband. La gente in realtà ha avuto poca voce in capitolo al punto che, dice Peter Norris, portavoce di Christian Concern: «Molti ormai sono convinti che il premier abbia promosso il matrimonio gay per i suoi fini politici, ovvero per distogliere l’attenzione dell’ala più tradizionale del suo partito da altre questioni, prima tra tutte quella della presenza britannica nell’Unione Europea». Lord Dear, che in questi giorni ha cercato di bloccare il passaggio della legge ai Lord, ha sottolineato ripetutamente durante il dibattito alla Camera alta come questa legge sia «stata affrettata» e come non sia stato dato spazio sufficiente a un dibattito pubblico. C’è anche chi ha sollevato dubbi riguardo la legalità del provvedimento che non è stato mai citata da Cameron in campagna elettorale tanto meno dalla regina nel discorso che tradizionalmente apre l’anno legislativo. «Cameron – ha dichiarato qualche giorno fa il conservatore Lord Tebbit – non ha il mandato per introdurre questa legge. Il matrimonio gay non è stato menzionato nel suo manifesto durante la campagna elettorale. In realtà non è stato menzionato nel manifesto di alcun partito». Negli ultimi mesi, il premier ha più volte detto che spera di vedere il matrimonio gay legalizzato entro l’estate del 2014, prima della scadenza del suo mandato. Nei suoi piani ci sarebbe infatti quello di lasciarsi, una volta risolta, la questione delle nozze gay alle spalle prima di concentrarsi nella campagna elettorale e affrontare il voto del 2015. Ma per vincere alle prossime elezioni ha bisogno del consenso di tutti i membri del suo partito. Sia di quelli che gli creano ostacoli nei confronti dell’Europa sia di quelli che credono nel matrimonio tradizionale. «Cameron – ha commentato Bob Woollard, presidente del gruppo conservatore Grassroots – potrebbe aver fatto male i suoi conti».