Gli osservatori stranieri e i gruppi di analisti sudcoreani sono concordi nell’indicare che dalla comunicazione della malattia del Caro Leader, Kim Jong-il e in concomitanza con la crisi internazionale in corso, la Corea del Nord ha chiuso in una morsa ancora più stretta la propria popolazione.Attivisti sudcoreani hanno fatto sapere che una donna, la 33enne Ri Hyon-ok, è l’ultima cristiana ad essere stata messa a morte, il 16 giugno, con l’accusa di essere una spia al soldo degli Usa e di avere organizzato la dissidenza. La sua fucilazione – secondo la Commissioni investigativa sui crimini contro l’umanità, alleanza che raccoglie una cinquantina di organizzazioni contrarie al regime nordcoreano – è avvenuta a Ryongchon, presso la frontiera con la Cina e la vera «colpa» di Ri sarebbe stata quella di detenere e distribuire copie della Bibbia in un Paese che considera queste azioni crimini da punire severamente. I genitori della donna, il marito e i tre figli sono stati inviati in un centro di detenzione per prigionieri politici nella città nordorientale di Hoeryong il giorno successivo all’esecuzione. Una pratica questa, in un Paese che ha il più alto numero di prigionieri politici o di coscienza al mondo in proporzione alla popolazione, abituale. Con il fine di «sradicare le influenza negative», oltre al sospetto dissidente, vengono arrestati gli appartenenti di tre generazioni della sua famiglia. Il rapporto della dissidenza, diffuso venerdì, include una fotocopia del documento d’identità, con foto, della donna. Difficile avere conferme dirette, dall’interno del Paese, di questo come di altri episodi di persecuzione tuttavia la notizia conferma la situazione di grave disagio dei cristiani, considerati pericolosi per la sicurezza dello Stato e – per i cattolici – senza pastori locali. Fatti salvi alcuni luoghi di culto ufficiali, due protestanti e uno cattolico (la chiesa di Changchung a Pyongyang, per molti una «vetrina» a uso del regime), la maggioranza dei cristiani è costretta a esprimere la propria fede in segreto. Le punizioni in caso di individuazione – secondo gli osservatori, che per il 2004 hanno raccolto i dati su una ventina di cristiani deceduti dopo l’arresto – sono pesanti e includono ammende, pene detentive, tortura e in alcuni casi la pena capitale. Vi sono anche cristiani tra quanti fuggono attraverso il confine cinese affrontando il rischio della cattura e del rimpatrio da parte delle autorità cinesi. Ciononostante, si sostiene in Corea del Sud, i gruppi cattolici come pure quelli di varie sette protestanti manifestano una crescente vivacità e – ma le statistiche sono quasi impossibili – un aumento nel numero. Ufficialmente i cattolici nordcoreani sono circa 4mila dipendenti dall’arcidiocesi di Seul e dalla diocesi di Chucheon, nel Sud, e forse 10mila i protestanti.