Una piccola di 7 anni. Una bambina. L'hanno imbottita di esplosivo e l'hanno usata come kamikaze nei pressi di un mercato nella città nigeriana di
Potiskum, nel nord-est del Paese, uccidendo cinque persone e
ferendone diciannove.
Il copione è quello tristemente noto ormai da tempo, perché
l'attacco di ieri a Potiskum è l'ultimo di una serie in cui terroristi
islamici hanno utilizzato donne giovanissime, persino bambine.
Nell'attentato, avvenuto nella capitale dello Stato
di Yobe, la ragazzina è stata allontanata diverse volte dagli
agenti della sicurezza perché, hanno riferito, non aveva nulla
da fare nel mercato. Ad un certo punto, però, è riuscita ad
sfuggire al loro controllo e si è fatta esplodere.
Nessuno ha rivendicato la strage, ma tutto fa pensare ai Boko
Haram, che dal 2014 hanno iniziato ad arruolare donne kamikaze,
spesso molto giovani, per la facilità con la quale le
combattenti possono nascondere esplosivi sotto le loro tuniche,
eludendo così i controlli della sicurezza. L'ultimo, in ordine
di tempo, risale al 15 febbraio, quando una sedicenne si è fatta
esplodere a Damaturu, uccidendo almeno 16 persone e causando una
trentina i feriti. Il 10 gennaio, una bambina kamikaze di 10
anni era saltata in aria a Maiduguri uccidendo una ventina di
persone.
L'ennesima strage getta un'ulteriore ombra sulla sicurezza in
Nigeria, con l'approssimarsi delle elezioni parlamentari e
presidenziali, il 28 marzo. Proprio oggi il presidente Goodluck
Jonathan ha ammesso di aver sottovalutato la forza dei Boko
Haram, che dal 2009 hanno scatenato una guerra civile nel
nord-est del Paese per istaurare uno Stato islamico in Africa
Centrale, estendendo le proprie operazioni anche in Camerun,
Ciad e Niger: un conflitto che finora ha provocato 14mila morti
e oltre un milione e 600mila sfollati.