Bruciori agli occhi, irritazioni alla pelle e agli occhi e perfino tumori. È questo il “prezzo del ferro” per i mille abitanti di Piquiá de Baixo, quartiere industriale di Açailândia, nel nord-est brasiliano.
La cinque fabbriche di ghisa, la ferrovia e i numerosi impianti che operano senza sosta accanto alle loro case, offrono a tanti disperati un posto di lavoro.
In cambio, però, operai e residenti pagano un conto salato. Sono, indatti, sono costretti a vivere in un ambiente terribilmente inquinato. I danni per la salute sono, spesso, irreversibili. Già nel 2007, il biologo Ulisses Brigatto aveva dimostrato che l’impossibilità per la comunità di continuare a vivere in una zona tanto degradata.
Finora le richiese degli abitanti di essere collettivamente re insediati altrove sono cadute nel vuote.
La gente, però, aiutata dai religiosi comboniani, non si arrende.
Come dimostrano questi scatti del fotografo Marcelo Cruz, in mostra all’Istituto dei Tumori di Milano. Il prestigioso ospedale sta realizzando, in collaborazione con i missionari, il “Progetto Piquiá”. Questo prevede la valutazione della qualità dell’aria nella zona e della salute respiratoria della comunità. Per avvalorare la richiesta di quest’ultima di essere portata in una regione libera dalle polveri di metallo. In modo che possa smettere di pagare in eterno il “prezzo salato del ferro”.