Hamza Benladen (Ansa)
Hamza Benladen, il figlio e potenziale successore della mente della tragedia dell’11 settembre, sarebbe morto. La notizia, riferita dai media statunitensi citando fonti anonime, sarebbe stata confermata dai dirigenti delle agenzie d’intelligence Usa, che non hanno però per il momento fornito dettagli su dove o quando il figlio di Osama sarebbe morto. Si ignora anche se gli Stati Uniti abbiano giocato un ruolo nella sua uccisione.
Donald Trump ieri in serata ha detto di non voler commentare la notizia. Lo scorso marzo Washington aveva annunciato una taglia da un milione di dollari per la cattura o per informazioni che portassero all’arresto di Hamza, considerato il leader emergente di al-Qaeda, l’organizzazione terroristica fondata dal padre. All’epoca l’Arabia Saudita, suo Paese natale, aveva annunciato di avergli tolto la cittadinanza.
Dalle lettere sequestrate nel complesso residenziale pachistano di Abbottabad dove nel 2011 i militari delle forze speciali Navy Seal Usa uccisero suo padre, emerge che il giovane era stato istruito dallo stesso Osama ed era destinato a prenderne il posto. Si pensa che abbia trascorso alcuni anni con la madre in Iran, anche se secondo altre fonti potrebbe aver vissuto in Pakistan, Afghanistan e addirittura in Siria. Stando al dipartimento di Stato Usa, ha sposato la figlia di Mohammed Atta, il terrorista egiziano leader del commando che portò a termine gli attentati dell’11 settembre e dirottatore di uno degli aerei che si schiantarono contro le torri del World Trade Center. Il trentenne – si pensa che sia nato attorno al 1989 – si è infatti già fatto conoscere dalla comunità d’intelligence grazie ai messaggi diffusi via Internet nei quali invita alla jihad contro gli Stati Uniti e i loro alleati.
Negli ultimi anni Hamza ha chiamato, via video e audio, i sostenitori di al-Qaeda ad sferrare attacchi in Occidente per vendicare la morte del padre. Ma in un messaggio audio del marzo 2018, ha minacciato anche l’Arabia Saudita e chiesto ai suoi cittadini di ribellarsi contro i loro monarchi. Nei mesi scorsi invece al-Qaeda ha pubblicato in rete sermoni dove Hamza invita i mujaheddin all’unità in Siria, esorta a colpire i Paesi occidentali e gli sciiti. Tutti indizi, secondo gli esperti antiterrorismo americani, delle potenzialità del giovane per emergere come leader carismatico dei terroristi islamici, dopo il tramonto del Daesh in Siria.
I dirigenti delle intelligence occidentali, compreso il capo dell’MI6 Alex Younger, non credono infatti che al-Qaeda sia scomparsa. Al contrario, avrebbe usato il suo basso profilo per riorganizzarsi e rafforzarsi, pianificando altri attacchi contro l’Occidente e i suoi governi alleati in Medio Oriente e Africa. Secondo questa tesi, Ayman al-Zawahiri, numero uno ufficiale della rete terroristica fondata da Osama, non sarebbe stato in grado di raccogliere l’eredità di Benladen e di fare proseliti. Si ritiene che Hamza sia nato intorno al 1989.
Quando suo padre si trasferì in Afghanistan nel 1996 e dichiarò guerra agli Stati Uniti, l’allora bambino apparve con lui in un video di propaganda di al-Qaeda. Nel raid del 2011 in Pakistan, Hamza non fu trovato nel compound di Abbottabad. Assieme al padre fu ucciso invece il fratello Khalid. Il governo Usa non ha mai saputo con chiarezza dove si trovasse: in Pakistan, in Afghanistan, in Siria o in Iran. A Osama sono sopravvissute tre mogli e i loro figli, ai quali è stato consentito tornare in Arabia Saudita.