sabato 12 aprile 2025
L’Immigrazione vuole usare il “sistema” per rispedire in patria i richiedenti asilo: «Vanno gestiti come una transazione commerciale». Tagliati 2 milioni di permessi, stop alla tutela per gli afghani
I detenuti deportati nel carcere di Tecoluca a El Salvador

I detenuti deportati nel carcere di Tecoluca a El Salvador - Reuters

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L'Amministrazione Trump metterà fine alla protezione per oltre 10mila rifugiati da Afghanistan e Camerun, che potranno essere soggetti a rimpatri forzati tra maggio e giugno, secondo quanto reso noto dal dipartimento per la Sicurezza Interna. Questo significa che l'Amministrazione Trump è pronta a rimandare nell'Afghanistan controllato dai talebani molti degli afghani accolti negli Stati Uniti dopo il disastroso ritiro americano del 2021 deciso dallo stesso Donald Trump.
I rifugiati vivevano e lavoravano negli Stati Uniti grazie al Temporary Protected Status, che protegge i migranti che non possono tornare nei loro Paesi a causa di conflitti o disastri naturali. Ora l'idea di rimandare in Afghanistan le persone sfuggite ai taleban, che hanno imposto di nuovo un regime che viola i diritti umani, in particolare delle donne, appare assolutamente "incosciente", affermano i gruppi per i diritti dei rifugiati. "Per donne e ragazze afgane mettere fine a queste protezioni umanitarie significa mettere fine a opportunità, libertà e sicurezza", ha dichiarato Krish O'Mara Vignarajah, a capo di Global Refugee.


Ma, nel frattempo, è meglio non chiamarle “deportazioni”. Finita la campagna elettorale, il trumpismo ha fatto proprio il paradigma efficientista di Elon Musk. Ecco perché la neo-lingua di stampo orwelliano coniata dall’Amministrazione preferisce parlare di «spedizioni». Il processo di espulsione degli irregolari, per essere più efficace e funzionale, «va gestito come una transazione commerciale. Una sorta di Amazon Prime con gli esseri umani al posto dei pacchi». A sostenerlo è stato il direttore dell’Immigration and customs enforcement (Ice), Todd Lyons, durante l’Expo per la sicurezza alla frontiera di Phoenix. Un’affermazione accolta tra applausi e strizzate d’occhio dai presenti, tra cui la segretaria per la Sicurezza, Kristi Noem, e lo “zar” del Confine, Tom Homan, il quale, a scanso di equivoci, ha già chiesto al Congresso un aumento del budget da 4 miliardi per modernizzare la “macchina delle espulsioni”. Che procede a pieno ritmo anche attraverso l’impiego della legge di guerra del XVIII secolo. Nei primi 55 giorni di mandato del presidente repubblicano, sono stati arrestati 33mila migranti, in media 660 al giorno. Tanti ma, comunque, meno dei 745 fermi quotidiani dell’ultimo anno di governo di Joe Biden.
Il fatto inedito è che, a differenza della precedente Amministrazione, non si tratta prevalentemente di respingimenti alla frontiera o di irregolari colpevoli di delitti in territorio statunitense. A finire nel mirino delle autorità sono anche i titolari di permessi di vario tipo. In meno di tre mesi, Donald Trump ha cancellato, da un giorno all’altro, una serie di tutele giuridiche che consentivano a milioni di stranieri di risiedere legalmente negli Usa. Almeno due milioni si sono ritrovati, di colpo, “indocumentados”: 550mila venezuelani che hanno perso la protezione temporanea, altri 530mila profughi centroamericani – dal Venezuela, Nicaragua, Cuba e Haiti – privati del permesso umanitario, più di 936mila entrati attraverso la dismessa App Cpb One. Tutti rischiano di essere espulsi.
Nel frattempo, Washington, come rivelato dal New York Times, con il pretesto di aggiornarli, ha cominciato a rimuoverne i nomi dagli elenchi della Previdenza sociale. Al momento, ne sono stati cancellati 6.300, considerati alla stregua dei deceduti. In effetti, si tratta di una sorta di “morte sociale”: gli “eliminati” perdono la possibilità di un contratto di lavoro, dell’assicurazione medica e di ogni altra forma di benefici. La gran parte dei selezionati sono autori di reati. Nel gruppo, però, figurano anche un 13enne e sette minori. E, fonti interne, sostengono che l’operazione è appena all’inizio. Questa settimana, vari funzionari si sono dimessi di fronte alla scelta della Previdenza di aiutare le autorità migratorie a localizzare gli irregolari, fornendo gli indirizzi dei beneficiari.
L’obiettivo delle misure adottate dal tycoon è incrementare la pressione sui migranti per spingerli ad “auto-deportarsi”. Il sistema è stato sponsorizzato dallo stesso presidente sul canale YouTube della Casa Bianca. In un video ha promesso non precisati benefici e la possibilità di rientrare nel futuro agli irregolari che si iscriveranno su Cpb Home – creata al posto di Cpb One – per “tracciare” – secondo l’idea esposta dal direttore dell’Ice – le uscite dagli Stati Uniti. Da ieri, inoltre, dopo il via libera dei giudici, è entrato il vigore il polemico “registro ufficiale degli immigrati”. La stessa funzione di “pungolo” ha l’annullamento di decine di convenzioni con organizzazioni che fornivano assistenza legale ai baby migranti non accompagnati. In 26mila sono rimasti senza un avvocato che li affianchi nelle cause per la richiesta dei permessi. Dalla “caccia” del tycoon agli irregolari sono esentati i lavoratori agricoli irregolari, da cui dipende il settore. «Se le loro aziende li raccomandano potranno restare», ha detto il tycoon. Almeno per il momento.

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