Una donna cammina davanti a un edificio in macerie in un sobborgo di Beirut - Reuters
Vacilla ma non cade, il cessate il fuoco in vigore da mercoledì fra Israele e gli Hezbollah libanesi. Le probabilità che la tregua armata regga - salvo sporadici colpi di avvertimento israeliani contro sospetti, fin dalle prime ore - si aggirano attorno al 50%, hanno detto fonti dell'apparato di sicurezza al sito di notizie Ynet. Ed è per questa incertezza che non è stato ancora dato il via libera al ritorno a casa di tutti i 60mila sfollati del Golan e dell'Alta Galilea. «Più le regole e la loro applicazione sono chiare fin dall'inizio, meglio reggeranno in seguito», ha detto una fonte a Ynet a proposito dalla necessità di usare le armi al minimo segnale di possibile infrazione degli accordi.
I media libanesi hanno denunciato l'irruzione di quattro carri armati israeliani nel villaggio di Khiyam, vicino alla Linea Blu sul confine. Il presidente francese Emmanuel Macron, ribadendo l'impegno di Parigi a sostenere l'esercito libanese, ha esortato entrambe le parti a rispettare il cessate il fuoco.
Nel sud del Libano hanno cominciato a far ritorno parte dei 300mila sfollati, anche se diversi villaggi restano "vietati" in base al testo dell'accordo di cessate il fuoco. Sono in totale 1,2 milioni i libanesi che, in tutto il Paese, hanno dovuto lasciare le loro case. Quasi la metà sarebbe fuggito in Siria (tra loro, molti profughi della guerra civile siriana) e ora ci si aspetta un flusso contrario ai valichi di frontiera, considerata l'instabilità del Paese confinante.
I conti dell'esercito: circa 3.000 uccisi, oltre 12.500 obiettivi colpiti
L'esercito ha diffuso il resoconto di 14 mesi di scontri, di cui gli ultimi due di guerra aperta. Secondo i calcoli delle Forze di difesa israeliane, sono oltre 12.500 gli obiettivi colpiti, compresi un migliaio di depositi di armi e 1.600 centri di comando. Tra 2.500 e 3.500 i miliziani di Hezbollah uccisi (il bilancio complessivo dei morti, per Beirut, è di 3.823), tra cui 14 esponenti di spicco (il più rilevante è lo storico leader Hussein Nasrallah). Oltre 25mila le armi sequestrate.
Il generale: «Se fanno un errore, pronti ad avanzare di nuovo»
L'esercito farà rispettare e applicherà «in modo aggressivo» il cessate il fuoco, ha detto il comandante del gruppo settentrionale, generale Ori Gordin. «I vertici politici hanno concluso un accordo per un cessate il fuoco con il Libano, il nostro ruolo è quello di farlo rispettare - ha dichiarato -. Lo applicheremo in modo aggressivo e alle condizioni da noi stabilite. Abbiamo intenzione di liberare l'intera area dalle capacità di Hezbollah e dalle sue armi, questa è la nostra missione». «Se faranno un errore, sarà un errore grave - ha aggiunto -. Siamo pronti a tornare all'attacco e a tornare a combattere. Questo cambio, nella mentalità dei soldati e dei comandanti, deve essere sempre pronto. Sì, ora siamo in modalità di esecuzione, ma possiamo chiaramente, in pochissimo tempo, dare l'ordine opposto e avanzare di nuovo».
Tregua per Gaza: al-Sisi spera che Trump convinca Netanyahu
Prosegue il lavoro della diplomazia, in particolare quella egiziana d'intesa con Washington, per arrivare a una tregua anche a Gaza. Una delegazione d'intelligence del Cairo è oggi in Israele, mentre nella capitale egiziana è atteso a breve il gruppo dei negoziatori di Hamas. Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, scrive il Washington Post, confida che il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump faccia pressione sul primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu affinché accetti un accordo. Il modello sarebbe proprio l'intesa raggiunta con Hezbollah, che vede gli Stati Uniti garanti. L'Egitto, ha spiegato un ex funzionario del Cairo al Washington Post, ha proposto un rilascio graduale degli ostaggi mentre Netanyahu chiede la restituzione immediata e totale.
Mentre si eclissa il ruolo del Qatar, che si era ritirato da mediatore per conto di Hamas e che ora Israele vorrebbe tener fuori dalle trattative, s'impone quello dell'Egitto. Proprio al Cairo si aprirà lunedì la Conferenza internazionale per la ricostruzione di Gaza, alla quale parteciperà il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Sul tavolo delle trattative ci sarebbe anche l'eventualità, sollecitata da parecchi governi, che la Corte penale internazionale ritiri la richiesta d'arresto per Netanyahu nel caso in cui Israele fosse pronto a giudicarlo internamente per gli eventuali crimini di guerra commessi dall'esercito a Gaza. Per il momento, resta bloccata nello Stato ebraico - strenuamente osteggiata dal governo - anche l'inchiesta su eventuali responsabilità del governo per non avere impedito il massacro del 7 ottobre 2023.
Il capo dell'esercito: dopo l'inchiesta militare sul 7 ottobre mi dimetterò
In una lettera inviata alle truppe, il capo di stato maggiore, generale Herzi Halevi, ha annunciato che si dimetterà al termine dell'inchiesta militare sul 7 ottobre: «Alla fine delle indagini, prenderemo anche decisioni personali e i comandanti riconosceranno le responsabilità, da me in giù. Non ho intenzione di sorvolare sulle decisioni personali quando il quadro ci sarà più chiaro». Halevi ha poi difeso la sua decisione di nominare alti dirigenti militari: «Nominare ufficiali non è un privilegio, ma un dovere di comando e operativo. L'esercito non può permettersi di restare fermo».
Attentato in Cisgiordania: feriti 9 israeliani, Hamas rivendica
Non ci sono solo i fronti di guerra aperta, come quelli con il Libano e con Gaza. Come ripetuto più volte da Netanyahu, sono sette i fronti sui quali è impegnato Israele: ci sono anche l'Iran, gli Houthi dello Yemen, le milizie filoiraniane in Siria e in Iraq e la Cisgiordania pronta a esplodere. E proprio in Cisgiordania è avvenuto stamani un attentato contro un autobus di israeliani, bersagliato di colpi d'arma da fuoco. Almeno nove i feriti, tre dei quali gravi. Uno degli attentatori è stato ucciso dalle forze di sicurezza, l'altro è ricercato.
La sparatoria è avvenuta al Gitai Avisar Junction, vicino all'insediamento di Ariel. Hamas ha rivendicato l'attentato.