Una macchina imbottita di esplosivo, e un telefonino per attivare la carica: è la modalità, mai usata finora a Ciudad Juarez, scelta dai narcotrafficanti messicani in un attentato perpetrato in quella che è una delle città più pericolose al mondo. Lo sottolineano gli investigatori, precisando che nell'attentato, compiuto ieri notte, sono morte quattro persone, tra le quali due agenti.Il comandante della zona militare di Juarez, generale Eduardo Zarate, ha precisato che l'auto-bomba - posteggiata in una delle arterie più importanti della città - «è stata fatta esplodere dalla telefonata di un cellulare, che ha fatto saltare in aria circa dieci chilogrammi di esplosivo».Il sindaco della città, José Reyes, ha da parte sua rilevato che «è la prima volta» che nella regione c'è un attentato di questo tipo, ricordando che i poliziotti morti erano giunti sul posto dove c'è stata l'esplosione dopo una chiamata telefonica anonima d'emergenza.Secondo gli investigatori, l'esplosione fa seguito all'arresto, qualche giorno fa, di Jesus Armando Acosta Guerrero "El 35", uno dei capi di "La Linea", braccio armato del cartello narco di Juarez.«Guerrero è accusato di coordinare il traffico della droga nel centro della città e di essere responsabile di diversi omicidi di sicari dei gruppi criminali rivali, in particolare gli uomini di un'organizzazione chiamata Artistas Asesinos, dipendente a sua volta dal cartello di Sinaloa», hanno precisato fonti locali.
SETTEMILA MORTI DALL'INIZIO DELL'ANNODall'inizio del 2010, sono già oltre 7mila i morti a causa di azioni violente legate al narcotraffico. Lo ha reso noto oggi il procuratore generale della repubblica, Arturo Chavez, nell'ambito di un intervento per ribadire l'agghiacciante escalation di violenza nel Paese. In concomitanza con l'esplosione di un'autobomba nel centro di Ciudad Juarez.Chavez ha sottolineato che per l'intero 2009 le vittime erano state poco più di 9mila, nonostante il governo del presidente Felipe Calderon abbia incrementato le misure di sicurezza, rafforzando la presenza dei militari nelle zone più a rischio. In un incontro con la stampa, il procuratore della repubblica ha anche specificato che da quando Calderon si è insediato al potere nel dicembre del 2006, i morti causati dalla criminalità organizzata sono stati quasi 25.000. «Il Messico vive un problema che per decenni è stato in incubazione, ed anche la soluzione richiederà molto tempo», ha ammesso Arturo Chavez.