È stata formalizzata l'accusa di omicidio nei confronti dei due marò,
Massimiliano Latorre e
Salvatore Girone, agli arresti in India dal 20 febbraio per la morte di due pescatori locali. Subito dopo la Farnesina ha richiamato a Roma l'ambasciatore italiano a New Delhi per consultazioni riguardo alla vicenda.Il team inquirente, guidato dal commissario di polizia di Kochi, Mr Ajith Kumar, ha annunciato il deposito presso il magistrato di Kollam del dossier con i capi d'accusa: un faldone di 196 pagine, compresa la perizia sulle armi sequestrate a bordo della Enrica Lexie, e in cui vengono citati ben 60 testimoni, incluso l'equipaggio.Oltre che di omicidio, Latorre - comandante del team anti-pirateria di 6 fucilieri e, dunque, principale imputato - e Girone - secondo imputato - sono accusati anche di tentato omicidio, danni e associazione a delinquere. Nell'atto ci sarebbe anche l'esatta localizzazione del luogo dell'incidente: all'interno delle 22 miglia dalla costa e quindi nella fascia contigua che consente agli Stati il controllo sulle navi in transito.La formalizzazione è arrivata alla vigilia della scadenza dei 90 giorni dall'arresto, che la legge indiana fissa come termine massimo per la presentazione al magistrato dell'atto d'accusa. Quanto al processo, secondo l'emittente
Ibn-Live dovrebbe prendere il via nell'ultima settimana di maggio. "Questo ci consentirà di confrontarci sui motivi che adducono per le accuse e sulla prova balistica", ha commentato il sottosegretario agli Esteri,
Staffan de Mistura, che oggi ha incontrato il chief minister del Kerala,
Oommen Chandi, con cui ha avuto un colloquio "molto teso e difficile". L'Italia chiede l'attuazione in tempi brevi del trasferimento dei due marò dal carcere in un'altra struttura. L'atto di accusa invoca anche il
Sua Act, una convenzione internazionale sul terrorismo marittimo firmata a Roma nel 1998: il riferimento è stato probabilmente inserito in vista della sentenza della Corte Suprema che deve decidere sulla giurisdizione del caso, che l'Italia insiste nel rivendicare. Secondo tale convenzione, infatti, i singoli Stati possono far valere la propria giurisdizione nel caso di determinati tipi di reati marittimi avvenuti contro proprie navi e contro propri cittadini.