sabato 27 aprile 2019
Sono arrivati in 5mila dall'Amazzonia e dal resto del Paese per chiedere al Parlamento giustizia: «Bolsonaro non tocchi le nostre terre». Dal 2018 deforestazione record
Il grido degli indios arriva a Brasilia
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er raggiungere la Praça dos três poderes, a Brasilia, hanno impiegato ogni mezzo possibile: canoa, bus, aereo. Sono abituati: dal 2004, ad aprile, gli indigeni dell’Amazzonia si concentrano nella capitale per far risuonare il loro grido di giustizia nel cuore del potere politico. Lo hanno fatto anche quest’anno: “l’Accampamento terra libera” – così si chiama l’iniziativa – s’è concluso dopo tre giorni con una marcia a cui hanno partecipato oltre 5mila nativi. Eppure, stavolta, l’impresa di profilava più ardua del solito. La scorsa settimana, il governo di Jair Bolsonaro ha deciso di schierare per un mese nella capitale la forza nazionale, un corpo speciale impiegato nelle situazioni di emergenza.

Poi, su Twitter, il presidente ha gettato benzina sul fuoco della polemica, criticando il raduno: «Chi lo paga? I contribuenti». Immediata la replica dei leader nativi. «È tutt autofinanziato», ha risposto

Sonia Guajajara, coordinatrice dell’Associazione dei popoli indigeni del Brasile

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Le tensioni tra Amministrazione e indios sono cominciate nel 2017, durante l’esecutivo di Michel Temer, che ha paralizzato, di fatto, il processo di restituzione delle terre ancestrali. Due anni fa, la polizia aveva represso la manifestazione di Brasilia. Con l’entrata in carica di Bolsonaro, dal primo gennaio, la situazione è ulteriormente peggiorata. Il presidente – che aveva promesso di non dare «nemmeno un centimetro di terra in più» agli indios – ha ha tolto alla Fondazione nazionale degli indigeni (Funai) la competenza di riconoscere e delimitare i territori dei nativi e l’ha attribuita al ministero dell’Agricoltura, guidato da Tereza Cristina da Costa, ex leader del potente gruppo parlamentare de latifondisti. Al contempo, il governo ha sottratto la Funai al controllo del dicastero della Giustizia e l’ha inserita in quello della Famiglia, retto dall’evangelica radicale Damares Alves, in passato criticata per varie boutade anti-indigene.


Proprio le questione della terra e della Funai sono state al centro delle richieste presentate dai nativi al Parlamento, nel corso di una seduta ad hoc. A preoccuparli, inoltre, la possibilità di aprire i territori già restituiti all’estrazione mineraria. Un’ipotesi più volte ventilata da Bolsonaro.



Da quanto quest’ultimo è al potere, secondo uno studio di Global forest watch, la deforestazione è aumentata del 54 per cento. Il dato si somma all’incremento record del 2018, in cui il Brasile ha perso quasi 4 milioni di ettari di Amazzonia, un quarto del totale mondiale (12 milioni di ettari), una superficie pari all’Inghilterra.


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