Un Nobel con tanti significati quello assegnato alla ragazzina pachistana che ha sfidato i talebani richiando la vita perché voleva studiare. È anzitutto un premio a una ragazza - ieri una bambina - coraggiosa che vuole vincere la violenza – quella del fanatismo religioso, che sembra invincibile - con la libertà di pensiero, con il rispetto dei diritti dell’infanzia, con l’istruzione, con la sua tenacia e con la capacità di comunicare sui social network, usandoli per aprire al mondo le chiusure dell’universo rurale pachistano dominato dai talebani. Ed è un premio a una profuga, perché dopo essere stata tra la vita e la morte dopo l’attentato sulla scuolabus compiuto dai fanatici islamisti, Malala ha dovuto trasferirsi in Inghilterra, a Birmingham, per poter continuare a vivere e studiare con maggior sicurezza con la famiglia. Le hanno comunicato del premio mentre era in classe e la sua normalità la rende ancora di più un simbolo.
C’eravamo augurati tanto tempo fa che vincesse il Nobel, (
LEGGI Malala lo merita, per sé e non solo) ora Malala diventerà un simbolo per tante giovani che la normalità di una banco di scuola e di un libro non l’hanno mai conosciuta.