Un nido d’aquila all’ingresso di una gola. «Ingresso» è d’altronde il significato aramaico del nome di Maalula. Le sue case, quasi attaccate l’una all’altra, scendono verso la valle lungo il fianco accidentato di una montagna del Qalamun, la catena dell’Antilibano. Risiedono 5mila persone in maniera permanente in questa cittadina situata a 56 chilometri a nord di Damasco. È proprio la lingua aramaica a rendere famosa Maalula, insieme ad altre due località vicine, Bakhaa e Jabdin. Sono 1.800 le persone che si esprimono ancora in questo idioma, parlato da Gesù, ma pochi sono in grado di scriverlo. Anche per questo Maalula è candidata a diventare Patrimonio dell’umanità per l’Unesco.La città rappresenta, insieme alla vicina località di Saydnaya, una tappa obbligatoria per tutti i pellegrini cristiani che si recano in Siria. La zona conta, infatti, una quarantina di chiese e monasteri, tra cui spiccano quello dedicato a santa Tecla, abitato da monache ortodosse, e il convento Sergio e Bacco, martiri del 297 sotto Massimiano. Gestito dai sacerdoti greco-cattolici (melchiti), questo convento è stato costruito nel IV secolo sulle rovine di un tempio romano. Le sue numerose grotte, che testimoniano di un’occupazione ininterrotta del territorio da tempi antichissimi, hanno dato luogo a numerose leggende e credenze. Maalula è infatti al centro di vari racconti relativi alla persecuzione dei cristiani in epoca romana. La stessa santa Tecla si sarebbe rifugiata nella città per sfuggire alla persecuzione della sua famiglia dopo essersi convertita al cristianesimo grazie a San Paolo. Il villaggio è noto in tutto l’Oriente anche per la solennità con cui viene celebrata la festa dell’Esaltazione della Santa Croce, il 14 settembre, quando vengono accesi dei falò ovunque. Luogo simbolo, nei suoi negozi si vendono registrazioni del Padre Nostro e di altre preghiere pronunciate nella lingua di Cristo.