Sono giorni di caos in Libia. Combattimenti, morti, feriti, migliaia in fuga. È salito ad almeno 214 morti e 981 feriti il bilancio delle vittime degli scontri nelle ultime settimane a Tripoli e Bengasi. Lo riferisce il ministero della Salute
libico. In particolare a Tripoli sono morte 102 persone, 77 a
Bengasi, 35 a Marj. Le stime del ministero si basano sui dati
forniti dagli ospedali cittadini.
La difficile situazione si ripercuote anche sulla vita politica della novella democrazia. La nuova Camera dei Rappresentanti libica, eletta il 25 giugno, si insedierà molto probabilmente domani, sabato, a Tobruk, e non il 4 agosto a Tripoli come chiesto ancora ieri dal Congresso nazionale uscente.
Il primo ministro ad interim, Abdullah al Thani, si trova nella vicina al Bayda "per seguire i preparativi per l'incontro della Camera dei rappresentanti sabato a Tobruk", si legge sul profilo Facebook del ministero dell'interno citato dal Libya Herald.
Il dipartimento di sicurezza della città, che si trova a 500 km a est di Bengasi, sta lavorando inoltre alla sicurezza della prima seduta, mentre - si legge sui social network - sarebbero più di 100 i deputati già arrivati a Tobruk, numero legale richiesto dalla Costituzione per la prima seduta.
Inizialmente il passaggio dei poteri era previsto il 4 agosto a Bengasi, ma le violenze nel capoluogo della Cirenaica hanno imposto lo spostamento della sessione.
E proprio
da Bengasi è arrivato ieri sera l'annuncio dei jihadisti di Ansar al
Sharia in Libia, che ci proietta direttamente in Iraq e Siria: "Bengasi è
sotto il nostro pieno controllo.
Abbiamo proclamato l'emirato islamico". A riportarla la tv emiratina Al Arabiya, che ha citato un portavoce del gruppo legato ad Al Qaida.
La notizia è "ancora tutta da verificare" - ha detto però il ministro degli Esteri Federica Mogherini in audizione al Senato - ma fotografa il disastro in cui è ormai precipitata la Libia del dopo-Gheddafi.
"È una menzogna", ha replicato Khalifa Haftar, il generale dissidente che da aprile tenta di "ripulire" la Cirenaica dalle milizie islamiste: "Ci siamo solo ritirati temporaneamente da alcune posizioni", ha detto mentre media arabi riferiscono che si sia rifugiato in Egitto con la famiglia: una "tattica", avrebbe sostenuto lo stesso generale, in vista di "una grande controffensiva".
La Libia sta rischiando una nuova "sanguinosa guerra civile",
ha avvertito la titolare della Farnesina. E non solo in quella
che fu, appena tre anni e mezzo fa, la culla della rivoluzione
contro Muammar Gheddafi: anche a Tripoli, dove sono ripresi gli
scontri tra le milizie filo-islamiste di Misurata e quelle di
Zintan per il controllo dell'aeroporto internazionale, dopo una
breve tregua per spegnere l'incendio divampato in due depostiti
di carburante centrati domenica da un razzo. Con lo scalo nel
caos, i servizi di sicurezza dei paesi vicini - Tunisia, Algeria
e Marocco - hanno lanciato un allarme per possibili attentati
sulle loro città con gli aerei civili in mano alle milizie
armate, tanto da far innalzare lo stato di allerta in diversi
aeroporti internazionali.
Secondo fonti italiane, gli 8-10 aerei
presenti nello scalo sarebbero però stati danneggiati nei
combattimenti e non più in grado di volare. Inoltre,
"l'aeroporto di Tripoli è ormai distrutto", ha reso noto
Mogherini.
E intanto
continua la fuga in massa dalla Libia. Alla
frontiera tunisina di Ras Jedir si tornano a vedere - come nel
2011 - migliaia di persone (libici, ma anche egiziani) in fila
per attraversarla, mentre traghetti e navi da guerra stanno
portando via 200 greci e
13mila filippini, così come centinaia
di cinesi sono partiti via mare verso Malta.
In queste ore anche la delegazione europea ha deciso di
lasciare Tripoli per la Tunisia. L'ambasciata italiana "è tra le
pochissime rimaste aperte, insieme a quelle di Regno Unito,
Malta, Romania e Ungheria. Quella della Spagna è senza personale
diplomatico ma ancora aperta", ha detto Mogherini, ringraziando
l'ambasciatore Giuseppe Buccino che "in queste ore sta avendo
incontri riservati con tutti gli attori locali nel tentativo di
evitare ulteriori violenze". "Restiamo in Libia per tentare di
avere un ruolo su alcune delle questioni geopolitiche più
importanti dei prossimi anni: pace, sicurezza e immigrazione",
ha affermato anche il premier Matteo Renzi, che sabato sarà al
Cairo per discutere delle crisi libica e nell'intera regione.
Dopo i trasferimenti protetti dei giorni scorsi, a oggi
sono
ancora 241 gli italiani presenti in Libia: 144 in Tripolitania,
64 in Cirenaica, 33 nel Fezzan, più 45 tra personale
dell'ambasciata e istituzionale. "Da ieri siamo impegnati a
contattarli uno per uno per offrire la possibilità di
rientrare in Italia", ha spiegato Mogherini. Ci sono inoltre 830
italiani residenti stabili "di cui l'80% con doppia cittadinanza
che si presume sceglieranno di restare", come fecero nel
2011.