In Libia si fa sempre più violenta l'offensiva del Califfato, nel tentativo di ritagliarsi spazi permanenti. In un nuovo
video diffuso in rete, lo Stato Islamico invita i suoi militanti alla
"mobilitazione generale per la Jihad in Libia" lanciando un appello ai "fratelli del monoteismo", del vicino Marocco ma anche di quelli in Iraq e Siria e Arabia Saudita per sostenere la loro causa del Paese
Nordafricano. Lo riporta la tv satellitare "al Arabiya".
In Libia è ormai guerra aperta tra le due anime del terrorismo internazionale; ad ufficializzarla è l'ala libica dello Stato Islamico (Is o Isis) che ha diffuso in rete "l'ordine di uccidere" il leader di al Qaeda, Aymen al Zawahiri,
reo, assieme all'algerino Mukhtar Belmukhtar, di aver guidato le
brigate di "blasfemi"
che lo scorso giugno cacciarono gli uomini
del Califfato da Derna, l'allora roccaforte del gruppo che fa
capo ad Abu Bakr al Baghdadi nella parte orientale del Paese
Nordafricano.
Sui social media, girano infatti le "schede" firmate dallo Stato
Islamico con tanto di foto segnaletiche dei due "ricercati da
uccidere"; al Zawahiri, appunto e Belmukhtar, capo della Brigata
jihadista filo-qaidiste "Katiba al-Mulaththamin" ("Battaglione
mascherato"), considerato uno dei più noti e influenti signori
della guerra del Sahara. Secondo i jihadisti dell'Isis, i due si troverebbero tutt'ora a Derna, in particolare affermano che Belmukhtar sarebbe rimasto
ferito in uno scontro con i miliziani del Califfato e che "in
questo momento è sottoposto a cure mediche a Derna".
Commentando le minacce dell'Isis, il
"Consiglio dello Shura",
sigla che rappresenta un'alleanza di milizie islamiche che hanno
sconfitto i jihadisti a Derna hanno accusato il Califfato di
voler "mescolare le carte per attrarre un intervento straniero in
Libia".
E sempre sul
fronte mediatico ecco
l'ennesimo attacco a Roma: "La Libia è la porta per arrivare fino a Roma". È il titolo della nuova campagna del terrore dei
jihadisti dell'Isis in Libia, che su Twitter hanno pubblicato
una serie di immagini che mostrano la città eterna in fiamme
sovrastata da una mappa della Libia dove campeggia la bandiera
nera del Califfato ed un combattente armato a lato.
Intanto
lo Stato islamico tenta di istituire un vero e proprio "emirato" a Sirte, città natale del defunto raid Muhammar Gheddafi caduta ormai nelle mani
dei miliziani fedeli ad Abu Bakr al Baghdadi, seguendo
l'esempio di altre città conquistate dai jihadisti come al
Raqqa in Siria e Mosul in Iraq. Secondo quanto riferito al
quotidiano "al Wasat" dal proprietario di un laboratorio
industriale di Sirte, membri armati dell'Is hanno fatto
visita ai negozi, alle officine industriali e alle fabbriche
assegnando loro dei numeri di identificazione. Il gruppo
estremista ha marcato gli esercizi commerciali con il
proprio timbro, sottoponendo tutte le imprese alle imposte.
Fonti locali hanno riferito che l'organizzazione ha aperto anche una
Corte islamica della sharia, confermando quanto era già trapelato la scorsa settimana dalla città rivierasca. I militanti islamici hanno distribuito volantini con il
nuovo calendario in vigore e le disposizioni religiose da seguire pedissequamente.
Il cosiddetto
Ufficio per l'educazione dell'Is, inoltre, ha
imposto un nuovo programma scolastico e stabilito la
separazione delle classe in maschi e femmine, sia nelle
scuole che nelle università.
Il gruppo jihadista sembra
avere il completo controllo dell'area di Sirte, circa 500
chilometri a est di Tripoli. Attraverso un comunicato
congiunto, i governi di Francia, Germania, Italia, Spagna,
Regno Unito e Stati Uniti hanno condannato con forza gli atti
barbarici che terroristi affiliati allo Stato islamico stanno
perpetrando nella città libica di Sirte.
Da parte sua
il
governo di Tobruk, dove si riunisce il parlamento riconosciuto
dalla comunità internazionale,
ha lanciato un appello alla
Lega araba affinchè colpisca le postazioni dello Stato
islamico, soprattutto a Sirte, e ha esortato i paesi alleati ad
intensificare la loro pressione sul Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite perchè revochi il divieto ad armare
l'esercito libico imposto dopo la caduta di Muhammar Gheddafi.
Al momento, tuttavia, questi appelli sono caduti nel vuoto.
La
guida suprema dei Fratelli musulmani libici, Bashir al Kubti,
ritiene che le notizie provenienti da Sirte siano ricche di
esagerazioni per giustificare un intervento straniero nel
paese. Secondo quanto riferisce il quotidiano libico "al
Wasat", l'esponente della Confraternita ha dichiarato nel fine
settimana che qualsiasi intervento esterno sarà considerato
dai libici alla stregua di un'invasione, affermando che spetta
ai cittadini liberare le città dalla presenza dell'Is. Al
Kutbi ha detto che alcuni stati stanno cercando attraverso la
Lega araba di sostenere il generale Khalifa Haftar, comandante
delle forze armate che fanno capo al parlamento "rivale" di
Tobruk, l'unico riconosciuto dalla comunità internazionale.