Scontri a Tripoli - Archivio Ansa
L'inviato delle Nazioni Unite in Libia, Abdoulaye Bathily, ha dato lo sfratto al premier in carica Dbeibah. Una proposta a sorpresa che segna il ritorno degli Stati Uniti nelle sabbie mobili libiche. Per anni gli Usa hanno lasciato fare, a patto di non venire esclusi dalla partita e avviare una stabilizzazione che non concedesse vantaggi a Mosca e non creasse i presupposti per incendiare anche i Paesi confinanti. Non è stato così.
L’attuale premier Dbeibah è accusato fra l’altro di avere sabotato i piani originari pur di tenere il potere e rinviare il tempo delle elezioni, e di un suo possibile addio per mano dell'elettorato. Nell’esecutivo ha imbarcato personaggi come il capomilizia Trabelsi, divenuto ministro degli Interni. Ha ridato slancio alle ambizioni del “comandante Bija”, il maggiore della guardia costiera e uomo di punta del clan al-Nasr, a cui è affidato l’addestramento dei cadetti nonostante su di lui pendano le sanzioni internazionali per svariati traffici illeciti e crimini contro i diritti umani. Ha permesso di far fare carriera ad al-Khoja, altro capobanda che ha posto la sua banda armata a disposizione del governo ed ora coordina il dipartimento contro l’immigrazione illegale e i campi di prigionia statali, recentemente accusato dagli osservatori Onu di essere parte integrante nella filiera per il traffico di esseri umani, armi, droga e petrolio.
A destra il "comandante Bija", sottoposto a sanzioni Onu, riceve un premio assegnato dal governo di Tripoli - Archivio Avvenire
Per il diplomatico senegalese dell'Onu Abdoulaye Bathily, a questo punto occorre «un governo unificato, concordato dai principali attori», invocato come «un imperativo per condurre il Paese alle elezioni». Dunque un esecutivo che riporti ai tavoli di Tripoli anche la Cirenaica del generale Haftar.
L’emissario dell’Onu ha fatto pressione sul Parlamento, conosciuto come Camera dei Rappresentanti, e su un secondo organo consultivo, l’Alto Consiglio di Stato, per finalizzare le leggi elettorali. «Il mantenimento della stabilità della Libia - ha avvertito Bathily - è ancora più critico alla luce dei recenti scontri a Tripoli (con 55 morti in poche ore, ndr), dei disordini regionali in Sudan e Niger e degli scontri che hanno avuto luogo nella regione del Tibesti, nel sud, pochi giorni fa, tra l’esercito ciadiano ed elementi armati».
Claudio Descalzi e Farhat Bengdara (Noc) siglano l’intesa con, alle loro spalle, Giorgia Meloni e il primo ministro di Tripoli, Abdul Amid al-Dbeibah - Reuters
Ma la sorpresa sono gli Usa, che si sono mostrati insofferenti all'inettitudine politica dell’Europa, che da Bruxelles a Roma non è riuscita a fare altro che accaparrarsi contratti energetici senza incidere sul terreno, anche a causa degli sgambetti di Parigi ai danni dell’Italia, e del gioco ambiguo di Mosca, Turchia, Egitto e monarchie del Golfo.
La conferma arriva per bocca dell’ambasciatrice Usa all’Onu, Linda Greenfield. Ha fatto sapere che a Washington sono pronti a supportare la formazione «di un governo tecnico e tecnocratico il cui unico compito sarebbe quello di portare il Paese a elezioni libere ed eque». Poiché le tensioni regionali e il rinnovato attivismo del gruppo russo Wagner in Cirenaica e in Niger, contribuiscono a generare «profonda preoccupazione».
Le mosse annunciate attraverso il Palazzo di Vetro suonano come un ridimensionamento dell’Italia nello scenario libico. Francois Delattre, ambasciatore francese al Palazzo di Vetro, ha annunciato che Parigi sposerà il progetto dell’inviato del segretario generale a Tripoli, sostenuto dagli Usa, e anche il rappresentante permanente del Regno Unito al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, James Kariuki, ha chiesto che «chiunque minacci la stabilità del Paese nordafricano sia sottoposto a sanzioni» e che «i leader politici libici lavorino in modo costruttivo con l’inviato Onu per procedere verso le elezioni».
A sinistra, il ministro dell'interno libico Trabelsi con il ministro dell'Interno italiano, Piantedosi - Viminale
All’Italia non resta che accodarsi, dopo avere tentato di sostenere le istituzioni libiche anche a suon di motovedette, addestramento, equipaggiamento e importanti impegni di spesa. Senza mai menzionare la Libia, il ministro degli Esteri Tajani aveva annunciato ad Avvenire che «a novembre ospiteremo a Roma il vertice Italia-Africa a livello di capi di Stato e di governo. In quell’occasione presenteremo che cosa intendiamo per nuovo “Piano Mattei”». Ma per quella data potrebbe esserci a Tripoli un nuovo «governo tecnico» con un’agenda diversa dagli impegni presi con Roma per gas, idrocarburi e migranti.