«La prossima settimana depositeremo una domanda di liberazione sotto cauzione per Asia Bibi». Le speranze di rivedere libera la donna cristiana condannata a morte in Pakistan per blasfemia passano per le parole di uno dei suoi avvocati, S. K. Chaudhry, proprio mentre si rinnovano – dopo l’appello di mercoledì di Benedetto XVI – gli inviti per la piena libertà della donna. Cristiana protestante, 37 anni, madre di quattro figli (Sidra, 18 anni; Esha, di 12 anni; Eshum, 10 anni e un ragazzo di cui non si conosce il nome) è stata condannata l’8 novembre alla pena capitale secondo la norma che in Pakistan punisce chi profana l’islam. Da Lahore, dove la famiglia di Asia si è trasferita per motivi di sicurezza, la figlia di 12 anni ha lanciato il suo disperato appello: «Ogni volta che vedo la sua foto piango. Voglio che torni qui, vi prego: non la uccidete», ha detto la piccola Esha disperata alla
Cnn. Intanto si sta studiando il ricorso al tribunale della città di Nankana, nella provincia del Punjab, dove la donna è stata condannata: «Un famoso avvocato musulmano, Aslam Khaki, si è fatto carico del caso di Asia Bibi e sta predisponendo il ricorso in tribunale per ottenere giustizia. Anche la Commissione nazionale per i diritti umani e varie personalità islamiche stanno lottando perché Asia Bibi sia liberata e scagionata». Lo riferisce ad
Avvenire il direttore del Christian Study Center, Mehboob Sada, un ente con sede a Rawalpindi, in prima linea per la difesa dei cristiani accusati di blasfemia. Un nuovo processo, ha ribadito ieri il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, è stato promesso al titolare della Farnesina durante la sua recente visita a Islamabad dal ministro delle minoranze, Shahbaz Bhatti, e dal ministro degli Esteri pachistano, Makhdoom Shah Mahmood Qureshia. Attualmente i tribunali in Pakistan sono chiusi in concomitanza con il pellegrinaggio musulmano a La Mecca, l’Haji. «Organismi delle donne e associazioni musulmane sono scese in campo per lottare in favore della ragazza cristiana – annota Sada, che a breve sarà in Italia per presentare il Rapporto sulla libertà religiosa di Aiuto alla Chiesa che soffre –. Abbiamo delle speranze perché non c’è stata offesa all’islam né a Maometto. Ma chi ha denunciato Asia Bibi guarda solo ai propri interessi. Del resto sulla legge antiblasfemia la discussione è difficile: in pochi vogliono affrontare l’argomento, anche in Parlamento sono pochi i politici che si schierano contro». Una mobilitazione che si sta insinuando come un cuneo nella società pachistana e che potrebbe portare a una revisione parlamentare della legge sulla blasfemia che sinora nessun leader politico pachistano è riuscito a portare a termine.