Non è solo Londra ad attendere con trepidazione i risultati del referendum scozzese. L’Europa teme che un eventuale sì all’indipendenza scateni un effetto domino per i movimenti secessionisti diffusi nel Continente. Primo fra tutti quello catalano, che chiede a gran voce uno scrutinio. Il voto per staccarsi da Madrid è stato annunciato dal governatore, Artur Mas, il 9 novembre, ma è ancora in forse.
La legge regionale che indice il referendum non è ancora stata promulgata. Anche perché il governo spagnolo non fa mistero che tale misura sarebbe prontamente impugnata di fronte al Tribunale costituzionale. E, con tutta probabilità, respinta da quest’ultimo. Per questo, la Catalogna utilizza la minaccia della secessione per avere maggiore autonomia da Madrid. La regione del nord-est – chiamata non a caso la “locomotiva spagnola” – è, da sempre, insofferente alla pressione fiscale centrale. Non è, però, l0unica spinta indipendentista che agita la Penisola iberica. Un eventuale voto a Barcellona avrebbe di certo ricadute più a nord, nei Paesi Baschi, in cui la spinta secessionista ha dato vita anche all’estremismo terrorista di Eta. In Francia, sono Corsica e Occitania a volere un proprio Stato autonomo. Mentre in Belgio sono gli ultranazionalisti delle Fiandre a volere il divorzio da Bruxelles. Nemmeno la Germania è immune dal separatismo. La Lusazia – regione situata tra Polonia, Repubblica Ceca e Brandeburgo e popolata da Sorbi, di origine slava – sogna di autoorganizzarsi nel Libero Stato Lusaziano. E in Italia, la Lega Nord ha, a tratti alterni, agitato lo spettro dell’indipendenza della “Padania”.