L’allarme sul rischio di una carestia arriva direttamente dalla Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura: «Oltre quattro milioni di persone – ha detto il rappresentante turco alla Fao, Mustafa Sinaceur – hanno lasciato le loro case in Siria. Questo vuol dire che la sua produzione agricola si è quasi interrotta». «Quindi – ha proseguito Sinaceur, che è anche coordinatore Fao per il subcontinente centroasiatico – come rivelano anche i dati a nostra disposizione, ci sarà in Siria una carenza di un milione di tonnellate di cibo, che spetterà alle Nazioni Unite e alle organizzazioni internazionali coprire».
L’allarme dell’agenzia delle Nazioni Unite giunge una settimana dopo che un gruppo di ulema siriani aveva emesso una fatwa, un editto religioso, per permettere agli abitanti della periferia di Damasco di mangiare cani, gatti e asini, per non morire di fame. «Un appello umanitario doloroso per tutti», era stato specificato. In quei giorni i musulmani stavano immolando migliaia di animali per celebrare la Festa del sacrificio: la fatwa è stata interpretata da molti osservatori come una provocazione per denunciare come la guerra in corso in Siria da oltre due anni stia riducendo la popolazione allo stremo. Un segnale ora confermato dall’agenzia delle Nazioni Unite, mentre il «rischio carestia» era stato denunciato all’inizio dell’estate anche dal Programma alimentare mondiale.
Intanto l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) che sta compiendo insieme all’Onu una ispezione nei siti di stoccaggio delle armi non convenzionale di Damasco, ha annunciato che la Siria presenterà nelle prossime 24 ore un piano dettagliato per le distruzione dell’arsenale chimico del regime. «Ci aspettiamo – ha dichiarato il portavoce dell’Opac, Michael Luhan – una dichiarazione iniziale relativa al programma sulle armi chimiche entro le prossime 24 ore». «Ci approssimiamo alla fine di questa prima fase – ha proseguito Luhan – durante la quale abbiamo dovuto verificare il programma sugli armamenti chimici visitando tutti i siti dichiarati». Gli esperti dell’Opac hanno finora visitato 18 dei 23 siti noti e hanno distrutto gli equipaggiamenti per la produzione di armi chimiche in quasi tutti i siti. «Siamo fiduciosi – ha proseguito il portavoce – che porteremo a termine questa fase entro il primo novembre».