“Qui”, sono le serate torride passate a sventolare con un cartone i suoi bambini di 11 e 5 anni perché possano addormentarsi. Sono le ore in fila (file lunghe venti isolati, enfatizza) perché un supermercato ha ricevuto un camion di latte in polvere e se ne può comprare un cartone per famiglia. Sono il terrore di uscire in auto e di vedersi accostati da motociclisti armati, uno per lato, e di dover mollare tutto e fuggire a piedi. Sono le nottate passate a bollire acqua, «anche quella per lavarsi i denti» perché aumentano i casi di setticemia. «L’altro giorno sono uscita a piedi. Aveva piovuto, le strade erano allagate, i semafori spenti, il metrò chiuso e invaso di ragazzi con la pistola nei pantaloni. E mi sono detta: che cosa aspettano quelli del reality Survivor a venire a Caracas? Lo scenario è perfetto!». Il senso dell’umorismo aiuta, ma la disperazione cresce nella capitale. In queste ore la gente si è messa in fila non solo per il cibo e per le cisterne di acqua, ma anche per firmare una petizione, organizzata dall’opposizione, e indire un referendum contro il presidente Nicolás Maduro. Gli assembramenti hanno provocato incidenti, con vetrine rotte, negozi saccheggiati, auto bruciate, pestaggi. «Dove non si sa nemmeno più chi è con Maduro e chi contro, dove c’è violenza e basta», continua Michelle che, dopo un sospiro, si lascia andare suo malgrado all’amarezza: «Abbiamo toc- cato il fondo – dice –. Se non ci ammazza il caldo, ci ammazza la fame, se non ci ammazza la fame ci penserà un’infezione, visto che gli ospedali mandano a casa i pazienti e non ci sono medicine. O un proiettile, di un poliziotto o di un adolescente». Le scuole in teoria sono aperte, ma sono più i giorni in cui le lezioni sono sospese di quelli in cui gli studenti entrano in classe. «Il che è quasi meglio, almeno non devo portarli fuori», dice Michelle.
A casa, i bambini danno una mano. Hanno imparato che, quando va via la luce, bisogna correre a staccare tutti gli elettrodomestici, altrimenti quando ritorna improvvisamente l’elettricità si bruciano i contatti e non funzionano più. Hanno imparato ad andare in bagno armati di un secchio di acqua piovana. E hanno imparato a spendere i soldi che ricevono il più alla svelta possibile. «Gliel’abbiamo dovuto insegnare noi – sussurra Michelle – a non risparmiare, perché con l’inflazione che c’è, tenersi le paghette è come buttarle via. Meglio che si comprino un giocattolo o un libro. Quando li trovano».