sabato 19 novembre 2011
Il superfavorito Rajoy chiede una «pausa» ai mercati. differenziale ha toccato quota 500. Il popolare ammette che la situazione è «delicata» ma promette un governo di «esperti» che risolverà la crisi. Il socialista Rubalcaba accusa il rivale di nascondere «un programma segreto» di sforbiciate al welfare. L’avversario replica: «Non accetto lezioni da quelli che hanno fatto il maggior taglio della democrazia».
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Bisogna fare presto. Prestissimo. Lo dicono gli analisti politici, lo reclamano gli economisti, cominciano ad esserne convinti anche gli elettori. La paura ha un nome. La sindrome da bancarotta (o da piano di salvataggio) è un’ombra scura che si allunga sulla Spagna a pochissime ore dal voto. Mariano Rajoy – candidato del centrodestra e grande favorito alle elezioni di domani – non svela del tutto le sue carte, ma chiede ai mercati un po’ di respiro. Una tregua «più lunga di mezz’ora». «Spero che si fermino, si rendano conto che ci sono le elezioni e che coloro che vinceranno hanno diritto ad un margine minimo», ha detto.

Ieri mattina il Paese iberico si è alzato con un’altra brutta notizia: lo spread – il differenziale fra i bonos spagnoli e il bund tedesco – ha superato la fatidica quota di 500 punti, per poi scendere sotto i 450. Una soglia pericolosa che alimenta i timori di un “rescate” (salvataggio): il famigerato piano di aiuti internazionali che gli spagnoli smentiscono da mesi. La responsabile dell’Economia del governo socialista uscente, Elena Salgado, lo ripete ossessivamente: la Spagna non ne ha bisogno, l’ipotesi «non viene presa in considerazione». Ma all’ultima asta il Tesoro ha collocato le obbligazioni spagnole al prezzo più alto dal 1997 e El Pais titolava ieri: «La Bce salva per ora la Spagna», riferendosi all’acquisto di titoli del debito pubblico. La domanda che circola insistentemente a Madrid è: quanto durerà la tempesta? La Spagna è un «Paese serio e affidabile» che ha sempre pagato i suoi debiti e che continuerà a farlo in futuro: Rajoy è pronto a lanciare un messaggio urgente ai mercati e alla comunità internazionale subito dopo il voto (forse addirittura domani notte), qualora fosse eletto. La situazione «è molto delicata», ammette, ma Madrid rimane nell’euro, perché è un progetto politico «irreversibile». Il suo braccio destro nell’economia, Cristobal Montoro (per molti futuro ministro delle Finanze), chiarisce all’Abc: «Dopo il 20 novembre la Spagna adotterà le riforme che sono necessarie, non quelle che vengono imposte dai mercati o dall’Europa». Quanto al modello tecnico italiano di Mario Monti, i populares non ne vogliono sentir parlare: «Dovrà essere un governo di politici esperti e con esperienza», dice Montoro. Oltre 35 milioni di elettori sono chiamati alle urne. I sondaggi pronosticano uno scarto di 16,5 punti a vantaggio del centrodestra: se si avverassero, sarebbe la debacle dei socialisti. Il peggior risultato mai incassato. Rajoy resta ambiguo, il suo programma non è del tutto chiaro: «Non esistono pozioni miracolose», dice a La Vanguardia. «Non so quanti disoccupati ci saranno fra un anno». Oggi sono quasi 5 milioni. I tagli e i sacrifici sono scontati: il rigore finanziario è una priorità per il Pp. Ma sulla portata delle sforbiciate al welfare la destra si mantiene generica, accusata dai socialisti di nascondere «un programma segreto». È il fantasma che il candidato socialista, Alfredo Perez Rubalcaba, agita da mesi: ridurranno i diritti sociali, taglieranno l’ indennità alla disoccupazione, i fondi della scuola e della sanità. Rajoy cerca di tranquillizzare l’elettorato: «Risolveremo la situazione», e poi «non accetto lezioni da parte di quelli che hanno fatto il maggior taglio della democrazia», in riferimento all’austerità imposta da Zapatero, dal congelamento delle pensioni alla riduzione del 5% degli stipendi pubblici. In questa situazione di paure e ansie, pare quasi che il premier José Luis Rodriguez Zapatero non veda l’ora di abbandonare le redini del governo. Il quotidiano Abc ironizza: «Ha una voglia matta di andarsene in modo degno e teme che la tormenta gli riservi una sorpresa all’ultimo minuto». Ieri notte si è conclusa una campagna con poche sorprese, scarse promesse e molti dati economici.

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