Bombardamenti israeliani nel sud del Libano - ANSA
Ora che sono pronti i nuovi 14mila fucili d’assalto e 97 su 120 unità dell’esercito israeliano al Nord sono state equipaggiate con armi e uniformi nuove di zecca, il conto alla rovescia per la guerra in il Libano è partito davvero. Alle casse di Tel Aviv solo l’equipaggiamento per le truppe di terra da dislocare a Nord è costato poco più di 10 milioni di euro. Le armi sono in maggioranza “Made in Israel”, e con la produzione a “chilometro zero”, Israele si può permettere di tenere sotto controllo il bilancio e mandare un avvertimento indirizzato a Beirut ma rivolto a Teheran.
«La prima fase dell’operazione – spiega una nota delle forze armate (Idf) – ha equipaggiato unità in diverse comunità del nord, tra cui consigli regionali come Alta Galilea, Ma'ale Yosef, Mevo'ot HaHermon, Merom HaGalil e Mateh Asher. Città come Nahariya, Kiryat Shmona e Ma'alot-Tarshiha, così come i consigli locali di Metula, Shlomi, Hurfeish, Fassuta e Kfar Vradim, hanno ricevuto pacchetti completi di equipaggiamento». Ogni unità ha ricevuto kit da combattimento e di soccorso, oltre a forniture mediche, uniformi e dispositivi di protezione. Le immagini inviate ai giornalisti confermano le spedizioni e la volontà di usare gli annunci per fare pressione su Hezbollah. Che ha risposto con i consueti lanci di ordigni dal confine meridionale libanese facendo di nuovo accendere le sirene. Il generale, Eyal Zamir, direttore generale del ministero della Difesa, è più preciso, al punto da non lasciar cadere tra le parole una critica neanche tanto velata alle falle registrate il 7 ottobre, quando Hamas ha compiuto il peggiore dei massacri contro i civili da quando Israele è uno Stato riconosciuto. «Dall’inizio della guerra e come parte delle lezioni apprese – dice Zamir alludendo proprio al 7 ottobre – il Ministero ha rafforzato le unità di risposta rapida». Dopo aver riarmato le comunità al confine con Gaza, «stiamo completando il riequipaggiamento di circa 100 unità nel nord con armi avanzate, tra cui l’Arad, un fucile all'avanguardia sviluppato da Israele». L’operazione viene definita dall’esercito come «uno sforzo di collaborazione tra vari comandi dell'Idf, tra cui il Comando del Nord, il Comando del Fronte Interno e le Forze di Terra, oltre a diversi dipartimenti all'interno del Ministero della Difesa». La tensione lungo l’intera fascia frontaliera libanese, dalle scogliere sul Mediterraneo alle alture del Golan, è ogni giorno più alta. E a quanto pare c’è chi ha una gran fretta di aprire il nuovo fronte per allontanare le milizie libanesi degli Hezbollah filoiraniani.
Ogni conflitto è preceduto della guerra di nervi. Da una parte e dall’altra del confine almeno 200 mila civili hanno dovuto abbandonare le loro case: 100mila israeliani e altrettanti libanesi. Gli scambi di colpi tra miliziani armati in Libano ed esercito israeliano sono quotidiana cronaca. Ma nei giorni scorsi è arrivato su alcune località frontaliere libanesi il segnale che ha evocato lo scenario Gaza. Dall’alto erano piovuti sui residenti ancora rimasti migliaia di volantini lanciati dalle forze di Tel Aviv. Contenevano l’ordine di abbandonare subito le proprie case. Un’operazione che richiede uomini e mezzi per essere eseguita nel campo avverso. Ma domenica l’esercito israeliano ha dichiarato di avere aperto una indagine interna per scoprire chi ha pianificato e organizzato la missione aerea per intimare ai libanesi di andarsene, senza che questi ordini fossero approvati ai piani alti. Da Tel Aviv parlano di «azione non autorizzata da parte di una unità – riferiscono fonti militari – che non aveva chiesto l’approvazione appropriata». Una di quelle unità che hanno ricevuto fucili e munizioni da puntare in direzione del Libano.
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