martedì 15 luglio 2014
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​È la vendetta della storia. Amhed Jabari era il capo delle brigate Qassam, almeno dal 2006. Aveva trasformato i suoi uomini in una milizia sempre più disciplinata e professionale, curandone l’addestramento e spedendoli in Siria, Libano e Iran per ripetuti stage. Li aveva organizzati in battaglioni, compagnie e squadre. E aveva promosso il rafforzamento dell’arsenale di razzi. Era stato lui a volere fortemente un programma autoctono di droni, servendosi, pare, del contributo tecnico iraniano. Quando Israele scatenò l’operazione Pilastro di Difesa, nel 2012, era in cima alla killing list. E fu il primo bersaglio. Un drone dell’aviazione ne fece saltare in aria la vettura su cui viaggiava. Durante Piombo Fuso (2009), i cacciabombardieri israeliani avevano già cercato di annichilire i tentativi di Hamas di dotarsi di una flotta di droni, martellando le officine in cui i velivoli erano prodotti e una pista per i test, sorta imprudentemente in un’area residenziale. Ma niente ha potuto arrestare le idee di Jabari. Hamas ha affinato nel tempo le sue capacità artigianali. I suoi ingegneri parlano oggi di tre tipi di velivoli, capaci di missioni di ricognizione, attacchi suicidi e incursioni profonde. E hanno già emulato Hezbollah, violando per la prima volta ieri lo spazio aereo israeliano, con il lancio di un drone, abbattuto poi sul porto di Ashod. Non è chiaro se il velivolo fosse armato. Una cosa è certa: sembra che Hamas sia sempre più vicina ad acquisire il know-how dei pasdaran e degli hezbollah libanesi anche in fatto di droni. Secondo alcune fonti, starebbe cercando di programmarli per voli notturni a bassa quota, con tanto di guida satellitare, così da complicarne l’intercettazione. Ne sapremo di più nei prossimi giorni, perché i guerriglieri faranno nuove incursioni. Una risposta asimmetrica ai raid sempre più sofisticati delle forze speciali israeliane. Nella notte fra sabato e domenica, un commando della 13a flottiglia (Shayetet) è sbarcato nell’ovest di Gaza, coperto dall’aviazione. Aveva per obiettivo le rampe di lancio di alcuni razzi a lunga gittata, puntati su Tel Aviv. Non è stata una grande prova di forza. A quanto pare, gli incursori sarebbero stati respinti dal fuoco nemico, e la missione è andata a buon fine solo grazie ai razzi sparati dal cielo. La storia della Shayetet è un susseguirsi di colpi di mano sensazionali e di smacchi sanguinosi. Ci piace ricordare il lontano 1948, quando i suoi uomini distrussero l’ammiraglia della flotta egiziana davanti alle coste di Gaza. Fu un colpo da manuale. I commando impiegarono delle vedette italiane imbottite d’esplosivo, lanciate a tutta velocità contro i battelli nemici, prima di gettarsi in acqua. Avevano appreso la tattica dagli incursori italiani della Decima Mas, due dei quali, subito dopo la guerra, li avevano addestrati sul lago di Tiberiade.
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