Mentre in Libia si continua a combattere, soprattutto intorno a Misurata in Tripolitania e a Marsa el-Brega in Cirenaica, da Bengasi i ribelli hanno aperto a un cessate-il-fuoco. Tuttavia hanno fissato precise condizioni e hanno avvertito che mai rinunceranno alla richiesta di esilio per Muammar Gheddafi e la sua famiglia. Un punto, questo, su cui hanno insistito anche gli interlocutori britannici dell'intermediario del regime Mohammed Ismail, inviato segretamente a trattare a Londra da Saif al-Islam, secondogenito e virtuale delfino di Muammar Gheddafi."Non abbiamo alcuna obiezione rispetto a un cessate-il-fuoco", ha dichiarato Mustafa Abdel Jalil,presidente del Consiglio Nazionale Transitorio che governa le aree libertae, nel corso di una conferenza stampa tenuta oggi a Bengasi insieme all'inviato speciale delle Nazioni Unite, l'exministro degli Esteri giordano Abdelilah al-Khatib. "A condizione però", ha puntualizzato, "che i nostri fratelli nelle città della parte occidentale del Paese godano di piena libertà di espressione".Abdel Jalil ha chiesto inoltre che le forze fedeli a Gheddafi "si ritirino e levino l'assedio" dalle localitàattualmente circondate; e ancora, che siano allontanati i "mercenari" di qualsiasi provenienza. "Il nostro obiettivo principale", ha dichiarato il capo del Consiglio insurrezionale ad Al-Jazirà, "è conseguire una tregua che duri nel tempo". In alternativa, peraltro, ha rinnovato la richiesta diforniture di armi: "Per sconfiggere Gheddafi ne abbiamo bisogno", ha sottolineato.Intanto le ostilità sul terreno proseguono incessatemente, al pari dei raid aerei della coalizionemultinazionale sotto comando Nato, sia pure rallentati dal maltempo che rende difficile individuare i bersagli. Forse anche per tale ragione, stando a quanto denunciato da un medico locale, in un bombardamento su Zawia el-Argobe, a 15 chilometri da Brega, sono morti sette civili giovanissimi di età compresa fra i 12 e 20 anni.Gli insorti stanno d'altra parte impedendo a chiunque, giornalisti stranieri compresi, di lasciare Agedabia per raggiungere la città teatro degli scontri più violenti: non è nemmeno chiaro dove passi attualmente la linea del fronte, tanto continui e repentini ne sono i rovesciamenti. Al contempo, a deta di fonti dei rivoltosi, Misurata è stata sottoposta a uno dei martellamenti più massicci dall'iniziodella crisi: i lealisti la starebbero bombardando "a casaccio", senza alcun rispetto per i civili, con un fuoco concentrico di carri armati, mortai, lancia-granate e missili.Il ministro degli Esteri di Gheddafi, Moussa Koussa, fuggito a Londra, non avrà alcun salvacondotto, ha detto il Foreign Office. E già dalla magistratura scozzese è partita una richiesta di interrogatorio: lui dietro l'attentato di Lockerbie. Da Londra primo conteggio delle vittime della guerra sul campo: mille i morti nei combattimenti t ra lealisti e insorti.Lunedì una delegazione degli insorti sarà a Roma per un incontro con il ministro Franco Frattini.
LA NATO, VITTIME CIVILI? APRIAMO INCHIESTAI «raid cosiddetti umanitari hanno fatto decine di vittime tra i civili in alcuni quartieri di Tripoli». Solo mercoledì il vicario apostolico della capitale libica, Giovanni Innocenzo Martinelli, aveva lanciato l’allarme: impossibile colpire obiettivi militari senza coinvolgere anche i civili. Ieri la denuncia, a conferma di quello che forse già mercoledì per il vescovo era più che un semplice presentimento. «Ho raccolto diverse testimonianze di persone degne di fede al riguardo» precisa Martinelli. «In particolare, nel quartiere di Buslim, a causa dei bombardamenti, è crollata un’abitazione civile, provocando la morte di 40 persone. Mercoledì – continua lo stesso Martinelli – avevo riferito che i bombardamenti avevano colpito, sia pure indirettamente, alcuni ospedali. Preciso che uno di questi ospedali si trova a Misda». Una conferma dell’attacco a obiettivi civili viene pure dal sito Internet l’emittente Euronews : a Misda, a sud di Tripoli, l’esplosione di un deposito di munizioni colpito durante un raid, ha investito anche un ospedale e alcune case, provocando, secondo fonti ospedaliere, 13 feriti. «Se è vero che i bombardamenti sembrano alquanto mirati, è pur vero che colpendo obiettivi militari, che si trovano in mezzo a quartiere civili, si coinvolge anche la popolazione », ripete ancora Martinelli. Il vicario apostolico ribadisce la sua preoccupazione per il continuo deterioramento delle condizioni di vita: «La situazione a Tripoli diventa ogni giorno più difficile. La scarsità di carburante si è aggravata, come testimoniano le code interminabili di automobili ai distributori di benzina. Sul piano militare sembra esserci un’impasse, perché anche i ribelli non sembrano avere la forza sufficiente di avanzare». Il rischio è di un isolamento della città che porterebbe a un inevitabile inasprimento della già precaria sopravivenza. «Per questo – prosegue Martinelli – la soluzione diplomatica è la strada maestra per mettere fine allo spargimento di sangue tra i libici, offrendo a Gheddafi una via di uscita dignitosa». Le parole di denuncia di Martinelli non sono passate inosservate. Il generale Charles Bouchard, comandante di tutte le operazioni dalla base militare di Napoli, ha dichiarato che l’Alleanza è consapevole delle notizie di stampa e le considera «molto seriamente». «Condurremo un’inchiesta nella catena di comando per vedere se ci sono prove», ha aggiunto Bouchard. «Noi faremo quanto possiamo per determinare se qualcosa è successo». Ad una richiesta di precisazioni, ha aggiunto il generale Bouchard: «Investigheremo per vedere se forze Nato siano state coinvolte o meno», precisando però che solo da ieri mattina alle 8 l’Alleanza Atlantica ha assunto il pieno comando delle operazioni. Vittime civili nei raid che sinora il regime non ha denunciato con particolare veemenza, anche se l’allarme sul deterioramento della situazione ieri è stato rilanciato dallo stesso colonnello Muammar Gheddafi. Se gli occidentali «continuano, il mondo entrerà in una vera e propria crociata », ha dichiarato Gheddafi all’agenzia di Stato libica Jana. «Hanno avviato una cosa grave che non possono controllare», ha aggiunto il Colonnello e che «finirà fuori del loro controllo, quali che siano i mezzi di distruzione di cui dispongono».
Luca Geronico