martedì 5 agosto 2014
​Si combatte da 4 giorni e adesso i combattimenti hanno raggiunto la città di Tripoli. Sarebbero 2.500 i miliziani entrati nel Paese. Decine di vittime tra militari, poliziotti e civili.
Il vescovo Hobeika: abbiamo paura
COMMENTA E CONDIVIDI
Dopo la Siria e l'Iraq, il pericolo jihadista sembra affacciarsi alle porte del Libano. Sono ormai quattro giorni che l'esercito di Beirut si trova a essere impegnato in combattimenti nel nord-est del Paese, intorno alla cittadina di Arsal, contro molte centinaia di miliziani fondamentalisti sunniti penetrati dal vicino confine con la Siria. La battaglia è arrivata stamani anche a Tripoli, nel nord del Libano, una bambina di 12 anni è rimasta uccisa dopo essere stata raggiunta da un colpo di proiettile alla testa e un numero imprecisato di persone sono rimaste ferite. Lo riferisce l'agenzia libanese Nna. Nel complesso in 4 giorni 14 soldati sono morti, 86 sono rimasti feriti e 22 risultano dispersi, forse fatti prigionieri dai jihadisti insieme ad un numero imprecisato di poliziotti. Ieri sera tre membri del Consiglio per gli studi islamici che si erano recati ad Arsal per negoziare una tregua, sono rimasti feriti da colpi d'arma da fuoco. Otto soldati, invece, sono rimasti feriti quando è stato attaccato il pullman su cui viaggiavano sulla strada tra Tripoli e Akkar, nel nord-est del Paese. "Il Libano sta affrontando una flagrante aggressione contro la sua sovranità e sicurezza per mano di gruppi oscurantisti e terroristi", ha affermato il primo ministro libanese, Tammam Salam, dopo una riunione d'emergenza del governo. "L'esecutivo - ha aggiunto - ha deciso di mobilitare tutte le istituzioni e le agenzie di sicurezza dello Stato per difendere il Paese". Il premier ha anche detto di aver chiesto alla Francia di accelerare i tempi della consegna di armamenti per rafforzare l'esercito libanese, in base ad un contratto firmato alla fine dell'anno scorso per un valore di tre miliardi di dollari, che devono essere finanziati dall'Arabia Saudita. Gli scontri ad Arsal sono cominciati sabato, quando le forze jihadiste sono penetrate in Libano reagendo all'arresto da parte delle forze di Beirut di un cittadino siriano, Imad Ahmed Juma, accusato di appartenere al Fronte al Nusra. Si tratta della branca siriana di Al Qaida che, pur divisa da forti rivalità con lo Stato islamico (Isis) nelle regioni siriane sfuggite al controllo lealista, ha unito le sue forze con questa organizzazione nella regione del Qalamun, lungo il confine con il Libano, riconquistata nei mesi scorsi dalle truppe di Damasco. In un'intervista al quotidiano L'Orient le Jour il ministro della Difesa, Samir Mokbel, ha detto che sono circa 2.500 i miliziani penetrati in Libano. Con la chiara intenzione di non fomentare ulteriormente gli odi interconfessionali, Mokbel ha anche sottolineato che l'esercito non è affiancato nei combattimenti dai miliziani sciiti di Hezbollah, alleati di Damasco. Arsal è popolata in maggioranza da sunniti, correligionari delle forze jihadiste che combattono contro il regime siriano e che si servono di questa regione come di una retrovia. Dopo una tregua di alcune ore, che ha permesso ad alcune centinaia di civili di lasciare la cittadina, i combattimenti sono ripresi stamane, con colpi di mortaio e armi automatiche. In serata, secondo quanto ha detto una fonte militare alla televisione Lbci, un altro cessate il fuoco deve entrare in vigore per consentire una mediazione che porti al rilascio dei soldati e dei poliziotti fatti prigionieri. Intanto a Tripoli, la principale città del nord del Libano, dove milizie sunnite e sciite si affrontano in periodici scontri di strada, una manifestazione contro le operazioni dell'esercito si è svolta nel quartiere sunnita di Bab al Tabbaneh. I soldati sono intervenuti lanciando gas lacrimogeni.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: