venerdì 18 aprile 2014
Braccate e linciate dalla folla inferocita Tra le uccise ci sono anche due bimbe. Venti feriti, decine le case devastate. La polizia ha arrestato 180 persone. L’Onu: persecuzione sulle donne.
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Inseguite da un’orda inferocita. E massacrate perché ritenute delle «sanguma». Streghe. Il bilancio è drammatico: sei donne uccise, due era­no bambine. Venti le persone ferite, de­cine le case devastate. È accaduto in un villaggio dello Stato-arcipelago di Papua Nuova Guinea, nel Pacifico. Secondo me­dia locali citati dalla radio nazionale au­straliana Abc, diverse centinaia di uomi­ni del villaggio di Raicoast, nella provin­cia di Madang, sono discesi nel vicino villaggio di Sasiko alla caccia di persone ritenute streghe. La polizia ha arrestato 180 persone. Un’esplosione di violenza che non è af­fatto rara in Papua Nuova Guinea. Lo scorso anno il Parlamento di Port More­sby ha ripristinato la pena di morte per crimini violenti e ha abrogato una legge del 1971 che concedeva attenuanti se l’accusato agiva per fermare atti di “stre­goneria”. Una “parete” legale (e sottile) che non riesce però a contenere un mix fatto di credenze ataviche, patriarcato ra­dicato, povertà ed emarginazione. Tra il 70 e il 90 per cento degli under 25 nel­l’arcipelago è disoccupato. Lo “steam” (un liquore casalingo) e le droghe dila­gano. I «marijuana boys», gli squadroni di giovanissimi che individuano, cattu­rano, torturano e assassinano le presun­te “streghe”, spesso dopo un inquietante processo pubblico, imperversano in­contrastati.  Le autorità, spesso, sono complici. Per superstizione e perché i “pogrom” sono un modo di scaricare la furia delle bande su innocui capri espia­tori. Le presunte streghe sono quasi sem­pre persone emarginate. Donne sole, senza protezione, in un contesto profon­damente maschilista. Per l’Onu la per­secuzione delle “streghe” serve proprio a mascherare un sistema ramificato e ten­tacolare  di abusi contro le donne. Le stime più caute parlano di almeno 150 omicidi legati alla “sanguma” all’anno. Una macabra, efferata, teoria di delitti. Lo scorso anno due donne anziane so­no state torturate per tre giorni e poi de­capitate nell’isola orientale di Bougain­ville, dopo essere state catturate da fa­miliari di un maestro di scuola morto da poco. In un altro episodio, esattamente un anno fa, sei donne accusate di prati­care la stregoneria sono state torturate con ferri roventi durante un “sacrificio di Pasqua” nella provincia degli altipiani meridionali. Poche settimane prima u­na giovane madre, anch’essa accusata di stregoneria e della morte di un bambino di sei anni, era stata bruciata viva negli altipiani occidentali, dopo essere stata denudata, legata e torturata con un fer­ro da marchio. «La Papua Nuova Guinea ha compiuto un passo avanti nel pro­teggere le donne dalla violenza abro­gando la legge sulle attenuanti per cri­mini compiuti contro la stregoneria, ma anche dei passi indietro giganteschi col ritorno alla pena di morte», ha detto la vi­ce  direttrice di Amnesty per l’Asia-Paci­fico, Isabelle Arradon.
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