venerdì 23 aprile 2021
Lo stop alle esportazioni dei vaccini, prodotti dalle industrie indiane, ha azzoppato la campagna di prevenzione. Venerdì un altro drammatico «record»: 332mila casi
A Nuova Delhi, in India, le persone che perdono i propri cari stanno ricorrendo a strutture improvvisate per organizzare sepolture di massa e cremazioni.

A Nuova Delhi, in India, le persone che perdono i propri cari stanno ricorrendo a strutture improvvisate per organizzare sepolture di massa e cremazioni. - Reuters

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Con i 332.730 nuovi casi di venerdì denunciati dal ministero della Sanità, il bilancio dei contagi in India ha superato i 16 milioni. Un record che sembra confermare il timore di un’accelerazione tendenziale delle ultime settimane. E, soprattutto, posso ormai sfuggire a ogni controllo. Una eventualità temuta dalle autorità come dalla popolazione, ma finora in parte contenuta dai provvedimenti di chiusura e distanziamento, pure pagati a caro prezzo in termini sociali e economici.

Oltretutto non sempre le misure sono rispettate a causa degli opportunismi politici locali e di una burocrazia elefantiaca e autoreferenziale. «Gli indiani hanno abbassato collettivamente la guardia. Invece di essere sollecitati a essere vigilanti, abbiamo sentito dal nostri leader dichiarazioni compiacenti, vittoriose che ora mostrano tutta la loro arroganza», ha dichiarato al quotidiano Times of India, Zarir F. Udwadia, pneumologo e esponente della task force governativa del Maharashtra, il più colpito tra gli Stati dell’India.

Ora, tuttavia, l’attenzione di tutti è rivolta all’esplodere dei contagi e al numero crescente di decessi: 2.263 in un solo giorno, 186.920 dall’inizio della pandemia, sollecitando provvedimenti efficaci al contenimento nel breve termine e all’immunizzazione in prospettiva. Un impegno sostenuto in parte dalla grande capacità produttiva locale di vaccini e di farmaci utilizzati nella cura delle manifestazioni del contagio. L’India ha bloccato dal primo aprile l’esportazione di entrambi e accelerato la produzione per arrivare entro giugno a immunizzare ogni mese 70 milioni di abitanti e, a regime, 100 milioni. Il sistema registra, però, una crescente insufficienza di personale medico e infermieristico che si affianca quella di prodotti essenziali, come l’ossigeno, le cui scorte sono state esaurite giovedì in almeno sei ospedali di New Delhi.

A rischio sarebbero 60 pazienti in uno dei maggiori nosocomi della capitale, il Sir Gangaram, dove altri 25 sono deceduti giovedì. Una situazione che lo stesso governo ha ammesso, diffondendo una lista di decine di ospedali statali e privati dove le scorte sono ormai inadeguate mentre il ministro delle Ferrovie, Piyush Goyal, ha annunciato l’impiego di treni rapidi per il trasporto di ossigeno. Provvedimenti necessari ma per molti tardivi davanti a quattro milioni di nuovi casi dall’inizio del mese.

Sotto accusa sono le varianti del virus responsabile dell’epidemia di Covid-19, particolarmente virulenta quella locale, come evidenziato dalla sessantina di contagiati finora individuati tra i passeggeri di un volo atterrato il 4 aprile fa a Hong Kong proveniente da Delhi. Tuttavia sono anche le responsabilità organizzative e politiche ad essere nel mirino per una situazione che evidenzia come fossero velleitarie le prospettive ufficiali. Scelte come quelle di consentire che negli ultimi tempi si svolgessero imponenti raduni di carattere religioso e politico dopo che la discesa a 10mila contagi giornalieri aveva illuso che il peggio fosse ormai alle spalle.

Nelle ultime 24 ore 2.263 persone sono morte per il coronavirus in India, in un contesto di ospedali strapieni e a corto di ossigeno. I servizi funebri sono sommersi: crematori e cimiteri sono ormai a corto di spazio.

Nelle ultime 24 ore 2.263 persone sono morte per il coronavirus in India, in un contesto di ospedali strapieni e a corto di ossigeno. I servizi funebri sono sommersi: crematori e cimiteri sono ormai a corto di spazio. - Reuters

La cronica scarsità di fondi per il sistema sanitario nei bilanci statali è un’altra spina nel fianco dell’attuale governo. Il 20 aprile, in un accorato intervento in diretta tv, il primo ministro Narendra Modi ha chiesto alle autorità federali e locali di «salvare il Paese da un lockdown» e sollecitato i concittadini a restare in casa e di prendersi cura dei più anziani e fragili.

Una svolta per il leader nazionalista che lo scorso anno aveva promosso quarantene rigide come principale “cura” per la diffusione epidemica. Sollecitazioni che in un’emergenza dichiarata lasciano tanti incerti sulla situazione e sulla risposta possibile. Significativa e drammatica per questo aspetto la posizione di Bhramar Mukherjee, docente di epidemiologia dell’università del Michigan: «Ciascuno sta lottando per la propria sopravvivenza e per proteggere i propri cari. È difficile assistere a quanto succede». «Quanto succede», vede anche tragiche casualità. Venerdì almeno 13 ricoverati per Covid al Vijay Vallabh di Virar, vicino Mumbai sono rimasti uccisi da un incendio scoppiato nel reparto di terapia intensiva.

Tredici pazienti con Covid-19 sono morti stamattina in un incendio scoppiato in un ospedale alla periferia di Mumbai (ex Bombay), la più grande città dell'India. 'Diciassette pazienti erano nell'unità di terapia intensiva del Vijay Vallabh Hospital quando è avvenuto il rogo: 13 sono morti e gli altri quattro sono stati trasferiti in altre strutture', hanno comunicato i vigili del fuoco.

Tredici pazienti con Covid-19 sono morti stamattina in un incendio scoppiato in un ospedale alla periferia di Mumbai (ex Bombay), la più grande città dell'India. "Diciassette pazienti erano nell'unità di terapia intensiva del Vijay Vallabh Hospital quando è avvenuto il rogo: 13 sono morti e gli altri quattro sono stati trasferiti in altre strutture", hanno comunicato i vigili del fuoco. - Ansa

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