mercoledì 4 marzo 2009
Nel giorno della quarta Conferenza sulla Palestina, i vertici iraniani, sempre più sotto pressione internazionale, criticano la politica del leader americano e «sparano» per l’ennesima volta contro lo Stato ebraico definito «un cancro». L’ayatollah: «Resistenza contro l’occupazione sionista nei Territori». Dura reazione del Dipartimento di Stato. Il capo dei Pasdaran avverte: possiamo rispondere a qualsiasi azione militare.
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Teheran torna a «sparare» contro Israele e mette nel mirino il neo presidente Usa. Nel giorno dell’apertura della Conferenza internazionale sulla Palestina voluta dalla Repubblica islamica, il leader supremo iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei, ha accusato Barack Obama di non rispettare le promesse di cambiamento e di comportarsi come i suoi predecessori nel conflitto tra israeliani e palestinesi. «Obama è avviato sulla stessa strada sbagliata» di George W. Bush nel suo appoggio a Israele, ha detto Khamenei definendo poi lo Stato ebraico un «tumore canceroso». «Anche il nuovo presidente dell’America, arrivato al potere con slogan che promettevano il cambiamento delle politiche di Bush, sta difendendo il terrorismo di Stato parlando di impegno incondizionato per la difesa di Israele», ha attaccato l’uomo più potente nel regime degli ayatollah.Applaudito da tutti gli alti gerarchi del regime – il presidente Mahmoud Ahmadinejad, il presidente del Parlamento, Ali Larijani, il capo del potere giudiziario, Ahmad Sahrudi, e gli alti comandi dell’esercito – l’ayatollah Khamenei ha sostenuto che solo la «resistenza» può salvare il popolo palestinese e che «l’appoggio e il sostegno ai palestinesi sono un dovere assoluto per tutti i musulmani». Il regime iraniano, che non ha mai riconosciuto Israele, ha annunciato lo scorso dicembre la creazione di un tribunale speciale per giudicare i «crimini di guerra» commessi dalle forze israeliane in Palestina; e la conferenza ha proprio come principale obiettivo quello di presentare gli atti d’accusa contro politici e militari israeliani. Patrocinata dal Parlamento, la due giorni organizzata a Teheran arriva all’indomani della prima visita ufficiale del segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, in Israele; mentre l’ex first lady era in Cisgiordania per incontrare i leader dell’Autorità nazionale palestinese, Khamenei ha detto che non ci può essere spazio per la coesistenza con il “regime sionista” e ha escluso che ci possa essere una soluzione attraverso il dialogo: «Un altro grande errore è dire che l’unico modo per salvare il popolo palestinese è attraverso il negoziato». «Ma negoziati con chi? Con un regime occupante e tiranno, che non crede in nessun altro valore che la forza? O negoziati con l’America e la Gran Bretagna che hanno commesso un crimine odioso creando e appoggiando questo tumore canceroso?». «L’unico modo per salvare (i palestinesi) è rimanere fermi e resistere». L’ayatollah ha anche sostenuto che l’Olocausto è stato utilizzato per «usurpare» la terra dei palestinesi; e ha aggiunto che l’Occidente e Israele mostrano la loro debolezza quando non consentono a nessuno di mettere in dubbio la Shoah. Dopo la guida spirituale dell’Iran è toccato al presidente Ahmadinejad tenere il suo discorso. E i toni non sono cambiati. «La storia dell’Olocausto – ha incalzato Ahmadinejad – la più grandi menzogne della nostra era». Poi il presidente iraniano ha proposto la formazione di un “Fronte internazionale contro il sionismo” e lo svolgimento di un «libero referendum in Palestina». Il Fronte internazionale dovrebbe, secondo Ahmadinejad, mettere «in cima alla sua agenda il sostegno alla Palestina e a Gaza» e adoperarsi «incessantemente per portare in giudizio i criminali di guerra sionisti».L’Olocausto per Ahmadinejad altro non è che «una leggenda creata per costruire lo Stato d’Israele». «La storia dell’Olocausto e quella di una nazione senza terra e una terra senza nazione sono le più grandi menzogne della nostra era», ha detto il presidente. Hillary Clinton in serata ha accusato Khamenei di «interferire» nel processo di pace israelo-palestinese. Alle parole minacciose dei leader si sono aggiunte quelle forse ancora più preoccupanti del comandante dei Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione iraniani Mohammad-Ali Jafari ha detto infatti che i missili iraniani possono raggiungere i siti nucleari dello Stato ebraico. Negli ultimi mesi si sono infittite le ipotesi che Israele ricorra ad un’azione militare per fermare il programma nucleare della Repubblica islamica, ma i responsabili delle forze armate iraniane continuano a ripetere di essere pronti a rispondere seriamente ad ogni possibile attacco. Jafari, citato dall’agenzia Isna, ha affermato che «tutti gli impianti nucleari nelle diverse parti della terra occupata dal regime sionista sono alla portata delle difese missilistiche iraniane». Teheran in passato ha sperimentato con successo un missile, lo Shahab-3, che con i suoi 2.000 chilometri di gittata sarebbe in grado di raggiungere Israele.
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