venerdì 30 agosto 2013
Il presidente americano conferma l'intervento militare contro Damasco, ma poi frena: «Sentirò il Congresso». Letta ribadisce la linea italiana: al G20 spingeremo per soluzione politica. La Lega Araba: no all'intervento. Il regime di Assad: abbiamo il dito sul grilletto.
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"Ho deciso che gli Stati Uniti debbono intraprendere un'operazione militare contro il regime siriano": così, con tono risoluto e un'espressione severa, Barack Obama ha annunciato, con un attesissimo discorso davanti alla Casa Bianca. ai connazionali e al mondo che l'attacco chimico lealista del 21 agosto scorso alla periferia est di Damasco, da lui definito "il peggiore del XXI secolo" e un "assalto all'umana dignità", non rimarrà impunito. Nel ribadire che si tratterà comunque di un intervento "limitato nella sua portata", e "senza truppe di terra che finiscano coinvolte in una guerra altrui", il presidente americano ha tuttavia affermato a sorpresa di non voler procedere da solo, ma unicamente con l'autorizzazione del Congresso all'uso della forza, e di aver pertanto concordato con i leader democratici e repubblicani alla Camera dei Rappresentanti e al Senato la convocazione del dibattito sull'intervento, e la relativa votazione, non appena riprenderanno i normali lavori parlamentari, al termine della pausa estiva. Obama ha tenuto a ricordare che avrebbe potuto dare l'ordine di attacco in piena autonomia, ma di aver voluto coinvolgere il potere legislativo per imprimere una maggiore forza all'iniziativa, e "agire come una Nazione compatta". Di fatto, però, ciò significa dover necessariamente attendere fino al 9 settembre, quando inCampidoglio si riapriranno i battenti: una dilazione che è parsa in qualche modo stridente con la precisazione fatta dallo stesso capo della Casa Bianca, di voler passare all'azione senza rinviare tutto alla pubblicazione del rapporto d'inchiesta da parte degli ispettori delle Nazioni Unite, che hanno appena lasciato la Siria.Obama ha sottolineato di "rispettare il punto di vista di chi invita alla cautela", aggiungendo però che gli Usa "debbono riconoscere i costi di non reagire" alla carneficina voluta da Assad. Il presidente ha precisato disapere che i connazionali "non amano la guerra", ma ha ammonito che "non si possono tenere gli occhi chiusi davanti a quanto avvenuto a Damasco" nè trascurare precisi interessi di "sicurezza nazionale", che l'aggressività del regime siriano mette "in pericolo": altrimenti, ha notato, non sarebbe nemmeno più possibile ribadire la "volontà di affrontare di petto chiunque altro si faccia beffe del diritto internazionale". "C'è in gioco chi siamo", ha avvertito, "e tutto questo va ben al di là della Siria". Ora la parola passa dunque al Congressoma, ha assicurato il comandante in capo, le Forze Armate statunitensi sono comunque "già pronte".Damasco: abbiamo il dito sul grillettoIl regime siriano si aspetta un attacco "in qualsiasi momento". Lo ha detto una fonte della sicurezza di Damasco, citata dall'emittente 'al-Arabiyà. "Ci aspettiamo un attacco in ogni momento, ma siamo pronti alla rappresaglia", ha precisato la fonte. E il primo ministro Wael al-Halqi ha aggiunto che l'esercito siriano è mobilitato e ha "il dito sul grilletto". La Lega Araba fa sapere che dirà no all'attacco contro Damasco. Intanto il team di ispettori Onu incaricati di investigare sul presunto uso di armi chimiche ha lasciato Damasco e si è diretto in Libano, da dove è già decollato portandosi dietro materiale sequestrato nel corso delle ispezioni. Domenica il capo del team incontrerà il segretario Onu Ban Ki-moon.Letta: senza l'Onu non possiamo partecipareL'Italia ribadisce la sua posizione. "Il regime di Assad - dichiara il premier Enrico Letta - possiede arsenali di armi chimiche, il cui uso è un crimine contro l'umanità. Comprendiamo l'iniziativa di Stati Uniti e Francia, alla quale però, senza le Nazioni Unite, non possiamo partecipare". E aggiunge che al G20 della settimana prossima l'Italia farà di tutto "perché si trovi una soluzione politica al dramma siriano".Kerry: 1.429 le vittime dei gasLe prove – tra cui la testimonianza di un ex gerarca di Damasco e l’intercettazione di un altro «alto grado» – mostrerebbero, a dire del segretario di Stato Kerry, «con elevata fiducia», che il terribile attacco con armi chimiche del 21 agosto è stato compiuto «con missili provenienti dai siti controllati dalle forze del regime siriano». Drammatica la conta dei morti compiuta dagli 007 di Washington: «1.429 persone, tra cui 426 bambini». Kerry ha voluto sottolineare che il lavoro dell’intelligence è molto più accurato rispetto al passato e pertanto «non si ripeterà l’esperienza dell’Iraq». Le ragioni addotte per un’azione militare che, sarebbe «limitata nel tempo, senza l’invio di truppe di terra e senza assumersi la responsabilità della guerra civile in atto», sono però risuonate molto simili. 

Assad – che nel 2013 avrebbe usato armi chimiche molte volte – avrebbe «uno degli arsenali chimici più potenti del Medio Oriente» ed è quindi in gioco «la sicurezza e la credibilità degli Stati Uniti». «Qual è il rischio dell’inazione?» si è chiesto Kerry, sottolineando che gli Usa – che «non sono soli nella loro volontà di agire» – hanno «responsabilità nei confronti del mondo». Altri Paesi, quali Corea del Nord e Iran starebbero infatti a guardare la reazione nei confronti della Siria e da quella potrebbero trarre incoraggiamento per il proprio programma nucleare.
La Nato sta fuoriQualunque azione, però, verrebbe portata avanti senza l’ombrello della Nato perché ieri il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Anders Fogh Rasmussen, ha fatto sapere di «non vedere un ruolo della Nato nell’ambito di una risposta internazionale al regime siriano».
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