giovedì 20 dicembre 2012
​I nuovi appartamenti verranno edificati nel quartiere di Givat Hamatos, a Gerusalemme est, oltre la “linea verde”. GLi Usa: «Delusi». Onu: «Il governo israeliano rinunci ai progetti».
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Incurante delle critiche della comunità internazionale, ieri il governo israeliano ha dato il via libera a un nuovo piano di espansione edilizia a Gerusalemme Est: 2.612 case vedranno la luce nel quartiere di Givat Hamatos, noto all’opinione pubblica israeliana per aver ospitato, in prefabbricati mobili, centinaia di immigrati etiopi.L’area si trova geograficamente a Sud, ma è considerata parte di Gerusalemme Est perché al di là della Linea verde che demarca il confine fra Israele e i Territori palestinesi. Il sito sorgerà nei pressi di un altro controverso insediamento ebraico, quello di Har Homa, realizzato durante il primo mandato del premier Benjamin Netanyahu, nel 1997. Il Comitato per la pianificazione e l’edilizia del distretto di Gerusalemme, che ha dato il semaforo verde al progetto, avrebbe dovuto sbloccarne anche un altro, sempre a Givat, per 900 ulteriori abitazioni, ma ha deciso di rimandare la discussione. Al contrario, è stata indetta una gara d’appalto per 1.408 abitazioni ad Har Homa e dintorni. All’inizio della settimana il governo aveva già autorizzato la costruzione di 1.500 case a Ramat Shlomo, sempre nell’area di Gerusalemme Est. Dall’inizio di dicembre sono 5.158 i nuovi alloggi autorizzati, per l’80% a Gerusalemme Est. Immediata la risposta delle Nazioni Unite: «Chiediamo con forza al governo israeliano di rispondere agli appelli internazionali e di rinunciare a questi progetti», ha dichiarato il segretario generale aggiunto dell’Onu agli Affari politici, Jeffrey Feltman, davanti al Consiglio di sicurezza. Poi la richiesta agli israeliani «di ricominciare senza rinvii a trasferire» all’Autorità palestinese i fondi provenienti dalla raccolta delle tasse e dei diritti doganali, eseguita da Israele per conto dell’Anp. Il governo israeliano ha bloccato questi fondi dopo il voto all’Onu del 29 novembre che ha riconosciuto ai palestinesi lo status di Stato osservatore non membro. Concetti ribaditi dal segretario Ban Ki-moon nel suo discorso di fine anno davanti al Consiglio di sicurezza. Dura anche la posizione americana: «Siamo profondamente delusi che Israele continui sulla via di queste azioni provocatorie», ha detto la portavoce del dipartimento di Stato Victoria Nuland. «L’Unione Europea è nella posizione di agire nel caso in cui questo piano sia attuato», ha affermato il ministro degli Esteri cipriota, presidente di turno dell’Ue, Erato Kozaku Markoullis. «Condanniamo con forza l’atteggiamento di Israele, che viola il diritto internazionale», si legge invece in un comunicato del ministero degli Esteri turco. I nuovi progetti edilizi annunciati da Israele spingono ora l’Anp «ad accelerare il ricorso alla Corte penale internazionale (Cpi)», ha commentato uno dei negoziatori palestinesi, Mohammad Shtayyeh. Ieri il presidente Abu Mazen ha detto con amarezza nel proprio messaggio di Natale: «Per la prima volta in 2000 anni di cristianità nella nostra patria, le città sante di Betlemme e Gerusalemme sono state completamente separate dagli insediamenti israeliani, da mura razziste e dai check-point». Infine la scena politica israeliana: alcuni dirigenti del partito di maggioranza Likud hanno confermato al quotidiano Maariv che l’improvviso rilancio dei progetti edili ha anche fini elettorali, non solo di ritorsione nei confronti di Ramallah. Il voto politico, previsto per il 22 gennaio prossimo, fa sentire i propri effetti. ​
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