martedì 8 luglio 2014
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È tempo di scuse, condoglianze e «vergogna» a Gerusalemme, dopo l’arresto, domenica, dei sei presunti colpevoli (tutti ebrei israeliani) dell’efferato omicidio del diciassettenne palestinese, Mohammed Abu Khdeir. A porgere profonde scuse e condoglianze al padre del ragazzo, Hussein Abu Khdeir, sono stati da prima il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, il premier Benjamin Netanyahu e il presidente uscente Simon Peres. Si sono espressi in termini diversi condividendo un unico concetto: questo omicidio verrà severamente punito perché in ballo ci sono i valori stessi della nazione.  L’adolescente è stato probabilmente vittima, sacrificale e totalmente casuale, di una vendetta da parte di ultra-nazionalisti ebrei, dopo il ritrovamento vicino Hebron, il 30 giugno scorso, dei cadaveri dei tre giovani coloni ebrei, rapiti e uccisi da due palestinesi, 18 giorni prima. Tre dei sei arrestati domenica hanno confessato e ricostruito il delitto davanti agli inquirenti, che però tengono ancora segreti i contenuti delle confessioni per andare avanti con le indagini. La polizia sta cercando di capire il responsabile (o i responsabili) dell’esecuzione materiale dell’omicidio. Fondamentale è anche scoprire il ruolo di eventuali complici. I funerali del ragazzo, svoltisi venerdì scorso, hanno scatenato una vera e propria guerriglia urbana a Shufat, Gerusalemme Est, con 220 arresti tra i manifestanti e 32 agenti feriti. Secondo fonti della polizia e dell’intelligence, i sospettati dell’omicidio di Mohammed sono maschi giovani, alcuni ancora minorenni, residenti nella città israeliana di Beit Shemesh, vicino a Gerusalemme, e nell’insediamento ebraico di Adam, nei Territori Palestinesi. In una telefonata con il padre del 16enne palestinese, Netanyahu ha definito «ripugnante» il delitto e promesso che i colpevoli saranno «condotti a processo, e giudicati con il massimo rigore previsto dalla legge». Al di là dell’astio politico, i simili destini uniti della tragedia, delle famiglie dei tre ragazzi ebrei uccisi vicino Hebron e quella di Mohammad, potrebbero incontrarsi presto. L’idea sarebbe nata durante la vista del sindaco di Gerusalemme Barkat alla famiglia di Naftali Fraenkel, uno dei tre ragazzi israeliani assassinati. Di fronte alla famiglia di Naftali, Barkat ha chiamato Hussein Abu Khdeir per le condoglianze e poi ha chiesto ai due di parlarsi.  La riconciliazione pare al momento stridere con quel che avviene in seno al governo: il ministro degli Esteri Lieberman, ieri, ha deciso di rompere l’alleanza partitica con Netanyahu, sancendo di fatto un divorzio dei loro rispettivi partiti: Yisrael Beiteinu e il Likud. Per ora la decisione si è limitata alla mera sfera politica senza quindi uscire né dalla maggioranza né dal governo. La divergenza è nata sulla risposta militare da dare ai 200 missili lanciati da Gaza – ieri sera un’altra raffica, rivendicata da Hamas, è partita dalla Striscia –, piovuti in territorio israeliano dal 12 giugno ad oggi. I toni minacciosi di Lieberman, che spinge per un intervento più duro, al momento, sembrerebbero avere avuto un effetto immediato. L’esercito israeliano si è detto pronto a un’escalation e ha richiamato 1.500 riservisti. Hamas, dal canto suo, ha dichiarato di accettare una tregua solo in cambio della liberazione di ben 800 detenuti palestinesi, molti dei quali arrestati nelle retate per l’omicidio dei ragazzi israeliani. Ma mentre si discute, i raid aerei sono già in corso, nella sola giornata di ieri hanno provocato nove morti a Gaza.
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