mercoledì 3 dicembre 2014
L'annuncio dei 60 paesi della coalizione internazionale i cui ministri sono riuniti a Bruxelles. Baghdad invoca il sostegno della Nato. E il governo si taglia lo stipendio. Confermati i raid dell'Iran.
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La campagna della coalizione contro lo Stato islamico "comincia a ottenere risultati, la sua avanzata in Iraq e in Siria è stata fermata". È quanto si legge in un comunicato diffuso al termine dalla riunione ministeriale dei 60 paesi che compongono la coalizione anti-Isis in corso a Bruxelles. "Le forze irachene e le forze del governo regionale del Kurdistan - prosegue la nota - con il sostegno di raid aerei della coalizione, stanno riguadagnando terreno in Iraq". I componenti della coalizione, che comprende Paesi occidentali e arabi, "hanno ribadito il loro impegno a lavorare insieme su una strategia comune, su diversi fronti e a lungo termine per indebolire e sconfiggere l'Isis". La coalizione insiste su cinque assi nella lotta contro il gruppo jihadista: "Migliorare lo sforzo militare, fermare il flusso di combattenti stranieri, tagliare l'accesso al finanziamento, affrontare la questione degli aiuti umanitari e delegittimare l'Isis". Caccia di Teheran sui cieli iracheni. Nello stesso giorno è trapelata la notizia che anche i caccia iraniani sono impegnati nei bombardamenti sulle postazioni del gruppo jihadista in Iraq. La conferma dei raid iraniani è arrivata dal portavoce del Pentagono, l'ammiraglio John Kirby, dopo che la tv Al Jazeera aveva mostrato immagini di F-4 Phantom del tipo di cui dispone Teheran sui cieli dell'Iraq. Baghdad invoca la Nato. Intanto il primo ministro iracheno, Haidar al Abadi, ha annunciato al segretario generale della Nato che il suo governo sta preparando una richiesta di sostegno al "Defence capacity building" da parte dell'Alleanza atlantica. L'annuncio è avvenuto a margine della ministeriale della coalizione anti-Isis. E il governo si taglia lo stipendio. I ministri del governo iracheno hanno accettato di decurtarsi del 50% lo stipendio e le indennità come segnale della necessità di far fronte alla crisi finanziaria del Paese, dovuta alla diminuzione dei prezzi del petrolio e ai costi della guerra contro lo Stato islamico (Isis). Lo ha annunciato un comunicato diffuso dall'ufficio del primo ministro, nel quale però non si precisa quali fossero gli stipendi prima dei tagli. Le riduzioni dovrebbe entrare in vigore all'inizio del 2015.
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