"È ora di agire" per fermare la minaccia jihadista ed "indebolire e distruggere" lo stato islamico dell'Is (ex Isis): Barack Obama lo ripete al termine del vertice Nato in Galles, sottolineando però come nessuno ha in mente di inviare truppe in Iraq o in Siria. E si mostra soddisfatto per la decisione presa con gli alleati, quella di formare una grande coalizione internazionale, coinvolgendo anche
la Turchia e alcuni Paesi arabi. Ma non è prevista alcuna collaborazione con l'Iran, almeno secondo il dipartimento di Stato Usa, come riporta la Bbc.
Almeno su questo fronte la linea del presidente americano,
giunto al summit con l'obiettivo di rilanciare una leadership un
pò appannata, sembra essere passata al tavolo dell'Alleanza.
Così come la richiesta pressante di Washington ai Paesi europei
di aumentare le spese per la difesa: e il 2% di pil in 10 anni
è una risposta che la Casa Bianca giudica convincente. Mentre
sulla crisi ucraina restano le differenze, con i Paesi europei
più cauti rispetto agli Usa sulla risposta da dare a Mosca.
Ma Obama preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno.
Bersagliato in patria per la presunta mancanza di una strategia
in politica estera e nella gestione delle crisi in Siria e in
Iraq, in suo soccorso arriva la conferma che nel recente raid
aereo americano in Somalia è stato ucciso il leader di al
Shabaab, il gruppo terroristico ritenuto il più importante
alleato di al Qaida in Africa. Si tratta di uno dei più grandi successi dell'
amministrazione Obama dal blitz di Abbotabad, in Pakistan, che
portò alla morte di Osama bin Laden. Ad essere ucciso in
Somalia è stato Ahmed Abdi, noto col nome di battaglia di
Godane, uno degli uomini più ricercati dagli Usa e considerato
tra le altre cose la mente del recente sanguinoso attacco ad un
mall di Nairobi, in Kenya.
"È la dimostrazione che stiamo andando nella giusta
direzione", rivendica il presidente Usa, che punto per punto
traccia quella strategia che lo accusano di non avere. Una
strategia - come spiegato anche dal segretario di Stato John
Kerry e dal capo del Pentagono Chuck Hagel - che prevede un
ampio sforzo internazionale mirato a pochi ma chiari obiettivi.
Obama, nella conferenza stampa tenuta alla fine del vertice
dell'Alleanza, detta queste priorità: avanti con i raid aerei
per sostenere le forze irachene, contrastare le forme di
finanziamento dell'Is (ex Isis), a partire dai proventi derivanti dal
commercio dei prodotti petroliferi, affrontare le crisi
umanitarie nell'area, delegittimare l'ideologia dell'Is, anche
quella propagandata via web. Ultimo punto, ma non meno
importante, creare una "task force multinazionale" per bloccare
il flusso di combattenti occidentali verso Siria e Iraq. Quegli
uomini che una volta rientrati in patria rappresentano una
enorme minaccia per la sicurezza negli Stati Uniti e in Europa.
"Non invieremo truppe in Siria", ribadisce quindi il
presidente Usa, spiegando che il coinvolgimento sul campo "non è
necessario per raggiungere i nostri obiettivi". "Bisogna invece
trovare alleati affidabili e moderati sul terreno - aggiunge -
che dovremo sostenere con i nostri partner. Questa la strategia
che stiamo seguendo", incalza, rivolto soprattutto ai suoi
detrattori. E alla maggioranza degli americani che sembra averlo
abbandonato, con la popolarità scesa ai minimi da quando è
stato eletto presidente. Al 38%, afferma l'ultimo sondaggio di
Gallup, spiegando però come tutti i presidenti - tranne
Eisenhower e Jfk - siano scesi a un certo punto sotto il 40%.
Sul campo intanto le forze curde, con l'appoggio di raid aerei americani, hanno lanciato un'offensiva contro lo Stato islamico (Is) in diverse località a nord di Mosul. L'obiettivo principale degli attacchi è Bashiqa, città a 17 chilometri da Mosul; i peshmerga hanno già preso il controllo dei villaggi vicini. Ma per ora le forze curde non sono riuscite ad entrare in città a causa delle mine lasciate dai miliziani islamisti.