Aerei del regime siriano (e non
droni americani, come si era pensato inizialmente) hanno compiuto raid contro postazioni di
miliziani qaedisti a ridosso del confine siro-iracheno: lo
afferma la tv panaraba
al Arabiya, che cita fonti tribali della
zona frontaliera irachena di al Qaim.Intanto almeno 19 persone sono rimaste uccise e 17 ferite
in un raid aereo delle forze armate irachene su
Baiji, la
città che ospita la raffineria più grande del Paese. I
ribelli sunniti hanno reso noto di aver preso il pieno
controllo degli impianti che garantiscono un terzo del
fabbisogno di petrolio raffinato del Paese, ma Baghdad nega e
sostiene che le forze di sicurezza stanno respingendo gli
attacchi dei miliziani.I ribelli, guidati dagli jihadisti dello Stato Islamico
dell'Iraq e del Levante (Isis), hanno fin qui conquistato vaste aree
di cinque province e si trovano ormai a meno di cento
chilometri dalla capitale Baghdad. Oltre ai morti (stimati in un migliaio), sono state
diverse le persone rapite dai miliziani, soprattutto
straniere, come i 48 cittadini turchi portati via dal
consolato di Mosul e circa 40 indiani che lavoravano per una
compagnia di costruzioni irachena, rapiti il 18 giugno.
Kerry preme per un governo di unità nazionaleProsegue intanto la visita in Iraq del segretario di Stato
americano,
John Kerry, che dopo aver visto lunedì il premier
Nuri al-Maliki stamani è andato nel nord del Paese per fare pressione sui curdi iracheni
perché "contribuiscano attivamente" a risolvere la crisi. Nelle stesse ore il capo
della diplomazia Usa ha rilasciato un'intervista alla
Cbs in
cui ha assicurato che l'amministrazione Obama "è del tutto
pronta a usare la forza militare" per aiutare il governo
iracheno, ma non "fin quando ci sarà un vuoto di potere nel
Paese"."L'attenzione del presidente Barack Obama e la mia
personale è sulla formazione del governo", ha spiegato Kerry,
qualsiaisi eventuale azione militare "è collegata al successo
di lungo termine che può garantire solo una leadership che
unisca l'Iraq". Parole che suonano come un invito implicito al premier al-Maliki a farsi da parte e a consentire la
nascita di un esecutivo di unità nazionale.
L'Onu: mille morti in meno di un meseIn 17 giorni di conflitto in Iraq hanno perso la vita oltre mille persone, tre quarti delle quali civili. Il bilancio è stato fornito a Ginevra da un portavoce dell'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, Ruper Colville, secondo il quale dal 5 giugno, data di inizio dell'offensiva dei militanti dell'Isil, al 22 giugno ci sono stati 1.075 morti e 658 feriti.Le vittime civili nelle province di Nineveh, Diyala e Salah al-Din sono almeno 757, con altri 599 feriti. Gran parte delle uccisioni sono avvenute tramite "esecuzioni sommarie ed extra giudiziali di civili, poliziotti e soldati".