Una presunta incursione di soldati iraniani in territorio iracheno, all'interno di un campo petrolifero lungo la contesa frontiera tra i due Paesi, ha fatto salire la tensione in tutta l'area, innescando un'impennata anche nel prezzo del petrolio che, nonostante la tarda smentita di Teheran, è aumentato di oltre un dollaro al barile in poche ore. Al termine di un pomeriggio di dichiarazioni contraddittorie, le autorità di Baghdad hanno dopo molte ore confermato la notizia - riportata prima da alcuni media iracheni e poi fatta rimbalzare dai network internazionali - secondo cui truppe iraniane avrebbero sconfinato e preso posizione nel recinto delcampo petrolifero di Fakka, 300 km a sud-est di Baghdad, nella provincia di Maysan, dove le riserve complessive di greggio sfiorano i 2,5 miliardi di barili. "Alle 15:30 di oggi pomeriggio, undici (soldati) iraniani si sono infiltrati attraverso il confine Iran-Iraq, 300 metri oltre la linea di frontiera, e hanno preso il controllo del campo petrolifero. Hanno innalzato la bandiera iraniana e adesso sono ancora lì", ha detto il viceministro dell'Interno iracheno, Ahmed Ali al Khafaji, sconfessando quanto da lui stesso affermato poche ore prima, quando aveva invece negatol'incursione. Da Teheran la smentita è arrivata al termine della giornata, attraverso l'agenzia semiufficiale Mehr, che a sua volta citava un comunicato della Compagnia nazionale petrolifera iraniana: "La compagnia ha negato che i soldati iraniani abbiano preso il controllo di qualsiasi campo petrolifero in Iraq".Un portavoce della 10/a divisione dell'esercito iracheno, schierata nella provincia di Maysan, aveva invece già confermato l'avvenuta violazione, sostenendo però che i militari iraniani avevano attraversato il confine "nella notte tra giovedì e venerdì" e che "erano rimasti solo poche ore". "È stata una provocazione da parte degli iraniani", aveva comunque detto il portavoce militare, che aveva poi ammesso: "Queste incursioni oltre il confine sono fatti piuttosto comuni e anche l'esercito iracheno le compie". Nella sua ultima dichiarazione, il vice ministro Khafaji ha poi preso tempo, affermando che in serata è prevista una riunione del governo per decidere sul da farsi, ma che sicuramente "si cercherà una risposta diplomatica misurata". Nessun casus belli, quindi, anche perchè, secondo quanto lo stesso responsabile iracheno aveva affermato in precedenza, "il territorio in questione è oggetto di contenzioso e al momento è vuoto, abbandonato da entrambe le parti". Il presunto incidente è avvenuto solo pochi giorni dopo la seconda asta aperta dal ministero del Petrolio di Baghdad che ha offerto alle compagnie straniere lo sfruttamento di una serie di giacimenti di petrolio e gas naturale. Fakka, con riserve stimate per 1,55 milioni di barili, è però uno dei tre campi inseriti nella prima asta, quella dello scorso giugno, che non avevano trovato un acquirente.