«In fondo noi siamo in guerra civile ormai da tre anni, dalla prima rivolta dei giovani a piazza Tahrir», risponde pacato da Luxor Joannes Zakaria, vescovo cattolico di rito ortodosso. Non uno sfogo, per questo sacerdote impegnato da anni nel dialogo interreligioso nel profondo Egitto, ma – guardando a oltre 700 chilometri dal Cairo – un punto di partenza per capire quali saranno le sorti del suo Egitto.
Allora, siamo davvero sull’orlo della guerra civile?«I Fratelli musulmani, da quando hanno vinto le elezioni, hanno puntato a creare un califfato islamico esteso idealmente a tutto il Medio Oriente. Il popolo egiziano è stato abbastanza intelligente da comprendere presto questo piano: l’anno scorso abbiamo avuto degli incidenti come quelli che sono avvenuti questa mattina (ieri per chi legge, <+corsivo>ndr<+tondo>) e purtroppo ce ne saranno di simili anche domani. È un tentativo dei Fratelli musulmani di fermare il processo della democrazia, di impedire il successo di questa seconda rivolta voluta dai giovani.
Dopo l’omicidio di sabato di padre Mina nei pressi di Arish, ha notizie di altre violente contro i cristiani nei Sinai? Durante il governo del presidente Morsi in Sinai sono arrivati dall’Afghanistan dai 3 ai 5mila mujaheddin. Inoltre si è instaurato un forte legame fra i palestinesi di Hamas a Gaza e gli uomini di Morsi. L’anno scorso nel Sinai, durante il mese di ramadan, sono stati uccisi 19 soldati, si sono verificati molti attentati e il collegamento fra Israele e la Giordania è stato bombardato più di una volta, l’ultima domenica sera.
È vero che da quando il patriarca copto ortodosso Tawadros II è comparso a fianco del generale al-Sissa, si sono scatenate le minacce?È vero. La presenza di Tawadros II durante il primo discorso del generale al-Sissa ha irritato molta parte del mondo islamico egiziano. L’omicidio di padre Mina ad Arish rientra in un piano di vendetta contro i cristiani. Anche qui a Luxor, come in tutto l’Egitto, abbiamo sentito molti Fratelli musulmani e salafiti condannare i cristiani; lo stesso Badie, la guida suprema dei Fratelli musulmani, sabato ha fatto un discorso minaccioso contro Tawadros e i cristiani. Una situazione che alimenta le minacce: infatti ho chiesto ai sacerdoti e alle religiose di Luxor di evitare di comparire in pubblico e di uscire da soli, di essere molto prudenti.
Qual è il giudizio sulla deposizione di Morsi da parte della Chiesa copta: un golpe o una «operazione dell’esercito a tutela della popolazione»?Una operazione a favore del popolo egiziano. Noi abbiamo già provato Morsi per un anno: non c’era sicurezza né per i musulmani né per i cristiani, abbiamo avuto problemi per l’elettricità, per l’acqua, per il pane. Intanto il vecchio presidente cercava di mettere uomini dei Fratelli musulmani in tutti i posti di comando. L’ultimo atto è stata la scelta dei 19 governatori delle regioni egiziane: qui a Luxor ha mandato un governatore implicato in passato in fatti di terrorismo. Ne abbiamo avuto abbastanza! Per questo il movimento “Tamarod” ha raccolto almeno 19 milioni di firme in tutto l’Egitto, la maggior parte delle quali sono di musulmani. Il generale al-Sissi, una settimana prima di intervenire, aveva incontrato Morsi per cercare una soluzione, invitando ad aprire un dialogo con l’opposizione senza ottenere nulla. Poi è scoppiato il movimento di piazza. L’ho già detto altre volte in passato: durante la primavera araba i giovani di Tahrir che hanno mandato via Mubarak intuivano il rischio rappresentato dai Fratelli musulmani, ma hanno accettato di correrlo, di vedere se si sarebbe arrivati a una pacificazione nazionale. «Altrimenti andremo ancora a piazza Tahrir», gridavano. È quello che è successo, per far ritornare la primavere araba alla sua origine, per non farla diventare un autunno. E questo ritorno alla primavera, questa difesa delle dignità umana al di là di ogni sentimento religioso – ne sono convinto – avverrà pure in Tunisia, nello Yemen, nel Sudan e in molti altri Paesi islamici.