Prosegue il braccio di ferro militare a Kobane (nome arabo: Ayn al Arab), la cittadina curda siriana alla frontiera con la Turchia. Lo Stato islamico controlla più di un terzo dell'abitato, riferisce l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). Mentre i combattimenti proseguono.
Secondo l'
Esercito statunitense, i combattenti curdi (peshmerga) avrebbero ancora in mano la città, assediata da settimane dai jihadisti contro cui la coalizione internazionale ha intensificato i raid aerei. L'aviazione statunitense, con quella giordana, ha messo a segno mercoledì 14 attacchi, 19 da martedì scorso.
"Le milizie curde stanno resistendo contro l'Isis", si legge nel comunicato diffuso del centro di comando Usa per il Medio Oriente e l'Asia centrale (
Centcom). Gli ultimi raid aerei hanno distrutto cinque veicoli, un deposito di attrezzature, un centro di comando, una struttura logistica e otto caserme. Un altro attacco aereo è stato messo a segno a sud-ovest della città di Raqqa e ha distrutto quattro veicoli armati.
Tuttavia, il
Pentagono ha ammesso che i raid "non possono garantire una soluzione e salvare la città di Kobane". "Dovrebbero esserci truppe competenti, ribelli siriani o forze governative irachene per arrivare a sconfiggere l'Isis", ha sottolineato il portavoce del Pentagono, ammiraglio John Kirby.
Ankara: truppe di terra? Non da soli. La Turchia non interverrà "da sola" con truppe di terra in Siria, "non è realistico aspettarselo", ha detto il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, sgombrando il campo dalle ipotesi di un'offensiva terrestre di Ankara contro lo Stato islamico. Della questione Cavusoglu ha parlato con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un colloquio ad Ankara. Si è discusso, tra l'altro, della creazione di una zona cuscinetto in Siria e dell'istituzione di una No Fly Zone. "Finora la Nato non ha affrontato questi temi", ha spiegato Stoltenberg ai giornalisti.