lunedì 7 aprile 2014
800 milioni di persone ai seggi da oggi fino al 13 maggio. Favorito il fronte nazionalista indù, in crisi il Congresso dei Gandhi.
L'ANALISTA «È in gioco l’idea di società inclusiva e tollerante»
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Lunedì l’immensa macchina elettorale indiana si rimetterà in moto per fornire alla "più grande democrazia del mondo" una nuova Assemblea del Popolo (Lok Sabha), l’equivalente della nostra Camera dei Deputati. La 16ª dall’indipendenza nel 1947. Rinnovarne il volto sarà un’operazione colossale, pari alla scala di un Paese esteso dieci volte l’Italia e con una popolazione venti volte superiore. Tuttavia, l’avvio sarò in sordina. La prima delle nove giornate elettorali che si succederanno fino al 13 maggio chiamerà al voto, infatti, poche centinaia di migliaia di elettori, seguiranno gli altri 800 milioni, tra cui 100 milioni di nuovi elettori. La nuova Lok Sabha dovrà essere costituita entro il 31 maggio, con spoglio e risultati previsti il 16 maggio. Due i principali contendenti. Al partito del Congresso (201 seggi nella Camera uscente), alla guida dell’Alleanza progressista unita, si contrappone il Bharatiya Janata Party, che con 112 seggi era centrale nell’Alleanza democratica nazionale, coalizione d’opposizione. Il Bjp viene dato dagli analisti come favorito, destinato a tornare al potere dopo un decennio. Il Congresso rischia invece di perdere questa tornata elettorale, sia a livello centrale, sia nei cinque Stati e Territori dove contemporaneamente si voterà anche per i parlamenti locali. In vista di una competizione accanita sui temi della giustizia e dello sviluppo, i partiti politici hanno segnalato maggiore attenzione alle necessità e aspirazioni delle classi economicamente svantaggiate, alle donne, all’economia e all’occupazione. Qualche sguardo anche alla situazione internazionale, sebbene quasi esclusivamente riguardo agli interessi Usa nella regione e ai sempre problematici rapporti con il rivale Pakistan.Il Bharatiya Janata Party, alfiere del nazionalismo induista in ambito politico, ha saputo attrarre sempre più nel tempo le classi meno abbienti e anche tradizionalmente più emarginate con politiche di assistenza e di sviluppo negli Stati da esso governati. Offre industrializzazione e espansione occupazionale senza però intaccare antiche pratiche discriminatorie e privilegi. Il carisma e l’esempio del leader e potenziale premier Narendra Modi sembrano però vincenti.Al contrario, il carisma sembra deficitario ai candidati del partito del Congresso, tradizionale depositario della fiducia delle minoranze, cristiani e musulmani inclusi, ma soprattutto degli indiani che temono un Paese preda di nazionalismo, particolarismi e fanatismi. La contestata candidatura di Rahul Gandhi, che la stessa madre Sonia Gandhi, presidente del partito, ha cercato di bloccare in una drammatica sessione dei notabili a poche ore dalla scadenza per la presentazione delle candidature a febbraio, conferma la crisi del più affermato partito indiano più che una fiducia senza tentennamenti nell’erede diretto della dinastia politica più famosa dell’India. Ancora una volta, il Congresso cerca nei Gandhi la possibilità di evitare la disfatta annunciata dopo anni di degrado della politica, delle istituzioni e, non secondaria, dell’economia. Rahul ha promesso un pacchetto di riforme del valore di 1.000 miliardi di dollari per rilanciare il Paese, a partire dalle sue infrastrutture stradali e ferroviarie ampiamente insufficienti. Un tetto e l’assistenza sanitaria è quanto offre ai poveri dell’India in cambio del voto che consentirebbe al Congresso un terzo mandato quinquennale. Potrebbe non bastare, e c’è chi nel Congresso sarebbe favorevole e a giocare la "carta" della sorella Priyanka, più carismatica del fratello e alla fine consona al futuro di una dinastia che da Indira a Sonia ha avuto in forti personalità femminili i suoi pilastri.La Terza Forza, convergenza di movimenti di sinistra, forze sociali e rappresentanze di intoccabili e minoranze presente sulla scena politica dal 2009 non sembra pure in questa occasione avere coesione e proposte sufficienti per essere vera alternativa. La sfida della coalizione di sette grandi partiti regionali e quattro della sinistra a livello nazionale è di essere una novità credibile. Per questo, dopo lunghi tentennamenti, si è distanziata nettamente dal Bjp, indicato come «un insieme pericoloso di capitalismo aggressivo e una forma rabbiosa di ideologia particolaristica». Forse una mano tesa anche verso il Congresso in future alleanze. Principale outsider è invece il Partito dell’uomo comune (Aam Aadmi Party) che a un anno dalla nascita, nel dicembre 2013 ha vinto il governatorato di Delhi, ma a livello nazionale potrebbe avere più velleità che possibilità.Una voce di moderazione e di coerenza arriva anche dalla Conferenza episcopale cattolica. Al termine della loro Assemblea Plenaria, tenutasi dal 5 al 12 febbraio nella città di Palai, nello Stato meridionale del Kerala, i 187 vescovi indiani anno diffuso una lettera pastorale per esprimere la loro opinione sulle prossime elezioni e segnalare orientamenti di principio per l’elettorato cattolico. Un’azione di sensibilizzazione accompagnata dall’avvertenza che «se la Chiesa non si identifica con alcun partito politico, i vescovi hanno la responsabilità di chiedere a ciascun cittadino di esercitare il proprio diritto di voto in modo prudente, attento e giudizioso».
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