Uno schiaffo. L’ennesimo. Un rinvio che suona quasi come un beffa, che si erge come un muro impermeabile agli sforzi della diplomazia italiana. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò italiani agli arresti domiciliari in India dallo scorso 30 maggio, dovranno aspettare ancora. Altri tre mesi. Altri novanta giorni. Nel “buio” assoluto sulla loro sorte. La tanto attesa sentenza della Corte suprema indiana – che Roma aveva invocato cadesse prima delle vacanze di Natale, addirittura auspicando il rientro «imminente» dei due militari – non ci sarà. L’interminabile “sonno” della giustizia indiana, trapuntato di lungaggini burocratiche e continui stop legati a un “generoso” calendario festivo, si prolungherà ancora. Palazzo Chigi ha immediatamente espresso «forte delusione e profondo rammarico» per il posticipo che avviene a oltre tre mesi dalla conclusione del dibattimento. Il governo italiano ha voluto inviare l’ennesimo messaggio alle autorità indiane, «forte delle proprie argomentazioni fondate sul diritto internazionale». Il differimento della pronuncia della Corte Suprema «non appare assolutamente comprensibile agli occhi delle istituzioni e dell’opinione pubblica italiane e provoca forte preoccupazione». Roma ha poi espresso vicinanza a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ma ha anche fatto sapere che ora sono a rischio «la lotta alla pirateria e le missioni di pace».Che la decisione fosse nell’aria, che non fosse soltanto un’inquietudine e neanche tanto velata, si era intuito dalla “mossa” della difesa de due fucilieri della Marina. Che ieri, prima che fosse noto il rinvio, hanno presentato – come ha riferito l’
Indian Express – una richiesta all’Alta Corte dello Stato del Kerala per ottenere il permesso di rientrare, con una licenza ad hoc, in Italia per le festività natalizie. L’istanza, presentata dall’avvocato Udey Banu, è stata ammessa dall’organo giudiziario e verrà discussa martedì prossimo. Una “mossa”, si era capito, ambivalente. Da un lato essa, infatti, manifestava il desiderio dei due militari italiani di ricongiungersi con i propri cari, e di spezzare una “cattività” che dura dallo scorso febbraio. Dall’altro lato, testimoniava il timore di un nuovo possibile slittamento della sentenza. Uno scenario da incubo per i due militari italiani che si concretizzato in serata.I due Fucilieri di Marina si trovano dal 30 maggio in libertà vigilata dietro cauzione in un hotel di Kochi. Sono accusati di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati somali il 15 febbraio mentre si trovavano al largo della costa indiana in acque internazionali e a bordo di una petroliera italiana. Non possono allontanarsi dalla circoscrizione della polizia di Kochi e è stato loro ritirato il passaporto. Sono anche obbligati a presentarsi quotidianamente al commissariato per la firma di presenza. Secondo quanto precisa l’agenzia di stampa indiana
Pti, la polizia aveva rifiutato in passato di concedere maggiore libertà di movimento per il timore di fuga dei due imputati.