Inevitabilmente, la notizia della morte di Benladen, che ha messo in allarme gli obiettivi considerati «sensibili» nell’intero Pakistan non poteva non riguardare i luoghi di culto e le istituzioni cattoliche.Il livello di sicurezza si è alzato attorno ad essi, come pure sono aumentati i controlli attorno e dentro le numerose enclave cristiane.Nel contesto che si è creato ieri, il rischio non deriva tanto dalla diversa appartenenza religiosa, quanto dal facile e pretestuoso accostamento dei cristiani agli interessi occidentali. Paul Bhatti, consigliere speciale del governo per le Minoranze religiose, fratello del ministro per le Minoranze assassinato il 2 marzo, ha confermato all’agenzia
Fides che la situazione è tesa. «Vi sono forti timori di reazioni, del tutto insensate, contro le minoranze cristiane – ha detto Bhatti –. Il governo sta ponendo la massima attenzione alle misure di prevenzione». Una situazione confermata da padre Mario Rodrigues, direttore delle Pontificie opere missionarie del Pakistan, alla fine di un incontro con le autorità civili: «Ci hanno messo in allerta chiedendo la chiusura dei nostri istituti e disponendo altro personale di polizia davanti alle chiese. I cristiani in Pakistan sono vittime innocenti, anche in questa situazione».Immediata anche l’apertura al dialogo della Chiesa in un momento difficile. «Ho avuto due incontri con le autorità civili e militari per parlare delle misure di sicurezza per i luoghi cristiani in Punjab, dopo la morte di Benladen», ha riferito monsignor Andrew Francis, vescovo di Multan e presidente della Commissione per il Dialogo interreligioso nella Conferenza episcopale. «Quello che ho portato loro – ha spiegato – è stato l’esempio del beato Giovanni Paolo II, uomo di dialogo, di pace, modello per le relazioni islamo-cristiane in Pakistan».«Nell’animo di un cristiano non c’è mai gioia per la morte di un uomo, anche se è un nemico. In occasione della morte di Benladen vorrei ricordare il comandamento supremo del messaggio cristiano: amate i vostri nemici»: con queste parole l’arcivescovo di Islamabad, monsignor Anthony Rufin, ha commentato l’uccisione del leader di al-Qaeda. Monsignor Rufin ha anche voluto esprimere l’assoluto rispetto suo e della Chiesa «per l’islam e per i musulmani del Pakistan», con i quali, ha concluso, «crediamo sia possibile condividere percorsi di dialogo e collaborazione».