domenica 27 giugno 2010
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La Chiesa belga sceglie la trasparenza e la ricerca della verità sui presunti casi di abusi sessuali da parte di consacrati. È dello scorso aprile la «confessione» pubblica dell’ex vescovo di Bruges, Roger Joseph Vangheluwe, che – in una nota diffusa dalla Sala Stampa vaticana nella quale venivano annunciate sue dimissioni – ha raccontato di aver «abusato sessualmente di un giovane» quando «ero ancora semplice sacerdote e per un certo tempo all’inizio del mio episcopato». Un’ammissione che era stata accompagnata dalle dichiarazioni di Andrè-Joseph Leonard, arcivescovo metropolita di Malines-Bruxelles e primate del Belgio che spiegava come non ci sarebbero mai più stati «silenzio e occultamento» sugli abusi e che le dimissioni di Vangheluwe corrispondevano alla «volontà di trasparenza» della Chiesa belga. Una strada già imboccata dieci anni fa quando si era insediata la commissione indipendente per il trattamento degli abusi sessuali guidata dallo psicologo infantile Peter Adriaensses. Un organismo che ha agito in stretta collaborazione con i vescovi belgi. «Le gioie, le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono – scriveva la commissione nel testo d’apertura dei lavori – sono la gioia e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e non vi è nulla di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Altra iniziativa promossa nel Paese è stata quella del gruppo «Diritti dell’uomo nella Chiesa» ideata da don Rik Devillé che ha accompagnato bambini vittime di abusi tra il 1992 e il 1998. Su 300 denunce per abusi sessuali che sarebbero stati compiuti negli anni Novanta da religiosi, solo 15 si sono concluse con un’ammissione di colpa.
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