martedì 27 maggio 2014
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La chiamavano la “Perla delle Antille”. Due secoli fa, Haiti era la colonia più ricca della Francia, la sua riserva di prodotti alimentari: caffè, indaco, cotone, riso e soprattutto zucchero. Tre quarti della produzione mondiale di quest’ultimo proveniva dall’isola. Ora, però, Haiti ha smesso di esportare materie prime. Non solo: il Paese è costretto a comprare oltre la metà del cibo dall’estero. Gli esperti concordano: riattivare l’agricoltura è la chiave per sconfiggere la fame cronica della nazione più povera dell’emisfero occidentale. L’Ong Avsi, nell’ambito del programma Aquaplus, ha fatto un ulteriore passo avanti. Oltre al sostegno ai contadini della zona di Torbeck, nel sud, l’organizzazione ha appena inaugurato un impianto di trasformazione della manioca. La struttura – costruita sui terreni della Facoltà di Agricoltura dell’Università di Notre Dame - consente di realizzare gallette e farina a partire dalla manioca grezza. In tal modo, gli agricoltori non hanno solo la possibilità di provvedere autonomamente al loro fabbisogno. Possono, inoltre, vendere il prodotto finito. E incassarne il valore aggiunto.

 “La fase di trasformazione degli alimenti è quella in grado di produrre maggior reddito per la popolazione e quella in cui la componente lavorativa assume maggiore importanza”, spiega Fiammetta Cappellini, responsabile di Avsi ad Haiti. L’Ong è impegnata nel progetto Aquaplus insieme all’Università di Milano e di Notre Dame, alla Fondazione Unicredit, in partenariato con il Rotary International e Expo Milano 2015. I risultati del programma verranno presentati durante la grande esposizione del prossimo anno, come esempio di “buona pratica”.

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