Con il coraggio che lo contraddistingue, Benedetto XVI ha di nuovo preso di petto la situazione dei cattolici in Cina e le violenze che esse subiscono. Pechino ha risposto oscurando il messaggio papale trasmesso dalla Bbc e riversando nei suoi giornali calunnie sul Papa. Al Messaggio Urbi et Orbi – senz’altro fra gli eventi più ascoltati al mondo – il Pontefice ha pregato per i «fedeli della Chiesa nella Cina continentale, affinché non si perdano d’animo per le limitazioni alla loro libertà di religione e di coscienza e, perseverando nella fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa, mantengano viva la fiamma della speranza». Smascherando un atteggiamento attendista, rinunciatario quando non complice verso Pechino che è diventato assai diffuso in Occidente, atteggiamento che predica un miglioramento nei diritti umani e religiosi nei confini della seconda potenza economica mondiale, egli ha manifestato invece tutte le difficoltà a cui i fedeli sono soggetti, dopo tutte le aperture e le modernizzazioni annunciate dal regime. Per salvarsi dalla vergogna davanti agli occhi di tutto il mondo, il Dipartimento della propaganda ha cercato di bloccare la trasmissione tv del messaggio. Grazie al fatto che le trasmissioni via satellite vengono diffuse nel Paese con alcuni minuti di differita, ai censori cinesi è stato possibile oscurare la denuncia sulle violazioni alla libertà religiosa dei cattolici in Cina. Il Papa non ha specificato le «limitazioni». Ma alcuni giorni prima la Sala Stampa della Santa Sede aveva pubblicato una nota sull’Ottava assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi, denunciando la deportazione di 40 vescovi a Pechino, costretti a partecipare a un gesto contrario alla fede cattolica. L’Assemblea doveva infatti eleggere i presidenti dell’Associazione patriottica e del Consiglio dei vescovi, che hanno come ideale la costruzione di una Chiesa indipendente dal rapporto con la Santa Sede. Circa un mese fa il governo ha ordinato un vescovo a Chengde (Hebei) senza mandato del Papa. Le parole di Benedetto XVI si riferiscono alla Chiesa ufficiale, quella riconosciuta (e vigilata) dal governo, ma anche a quella sotterranea, che ha decine di sacerdoti in prigione o nei lager e due vescovi scomparsi da anni nelle mani della polizia. A tutti loro il Santo Padre chiede di non perdere la speranza e di rafforzare il coraggio.Le Messe celebrate a Natale hanno mostrato tale coraggio: migliaia di giovani, anche non cristiani, si sono assiepati nelle chiese ufficiali per poter assistere alle cerimonie; molti sacerdoti sotterranei, correndo il rischio di farsi arrestare, non hanno desistito dal celebrare nei luoghi più impensati. Anche il rapporto fra i due rami della Chiesa, seppure con difficoltà, resiste alla violenza del regime. L’ottava assemblea di Pechino aveva come scopo proprio quello di dividere Chiesa ufficiale e sotterranea, diffondendo l’immagine di vescovi ufficiali usati come burattini. Invece le diverse comunità hanno usato delle feste di Natale per riconciliarsi. La cosa non è piaciuta al governo che ha sferrato una nuova campagna sui media. Ieri, il Global Times , un giornale del Partito comunista, ha accusato Benedetto XVI di voler «dominare sui cattolici di tutto il mondo» e di voler soffocare la libertà dei cattolici cinesi, accusandolo di «fare politica ». Proprio come ai tempi di Mao, il perseguitato viene accusato di essere il persecutore.