mercoledì 29 aprile 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Assume sempre più i confini dell’ecatombe la tragedia che ha devastato, sabato scorso, il Nepal. Il bilancio delle vittime del sisma continua a crescere: i morti sono più di 5mila, i feriti oltre settemila, un milione i senza tetto. Ma per il premier nepalese Sushil Koirala le vittime potrebbero essere addirittura 10mila, perché mancano notizie certe sulla situazione dei villaggi più remoti. «Siamo facendo tutto il possibile. Siamo un Paese con pochi mezzi, le nostre operazioni di soccorso alle vittime non sono state efficaci. Ma con l’aiuto della comunità internazionale riusciremo a risorgere», ha detto il premier che ha proclamato tre giorni di lutto nazionale. Secondo le Nazioni Unite – che hanno staccato 13,7 milioni di euro in aiuti –, le persone rimaste coinvolte nel devastante terremoto sono otto milioni. Non solo: 1,4 milioni di persone hanno bisogno urgente di aiuti alimentari. La sfida più drammatica è come portare i soccorsi, in zone inaccessibili e ad elevate altitudini. A rallentare la macchina dei soccorsi, un mix micidiale: lo sciame sismico, la penuria cronica dei mezzi, le devastazioni subite dalla fragile rete delle infrastrutture, le difficoltà climatiche.
Nella capitale Kathmandu – che secondo gli esperti si è spostata di tre metri a causa del sisma – si scava con le mani tra le rovine nella disperata ricerca di persone ancora vive. «Le nostre mani sono l’unica macchina che abbiamo in questo momento», dice Pradip Subba, 27 anni. «Non c’è nessuno che ci aiuti, né l’esercito, né il governo», continua. «Il governo non ha fatto nulla per noi», dice Anil Giri, che insieme ad altri venti volontari scava in cerca di due amici sepolti sotto le macerie. «Cerchiamo tra le macerie, scavando con le nostre mani nude: non abbiamo altro». Altre critiche sono state mosse ai soccorritori indiani, cinesi, francesi e americani che avrebbero privilegiato all’inizio soprattutto i luoghi dove si trovavano turisti stranieri. La situazione appare ancora peggiore nelle zone rurali più remote. Le vie di comunicazione sono bloccate da frane e smottamenti, molti villaggi e comunità sono senza acqua ed elettricità, gli abitanti sopravvivono cibandosi di quello che trovano senza alcun aiuto esterno. Dopo aver sorvolato la parte settentrionale della vallata di Kathmandu, Jamie Mc-Goldrick, coordinatore Onu nella capitale nepalese, ha riferito che il 40% delle case risultano danneggiate, ma che la distruzione è casuale: «Alcune case risultano assolutamente non toccate, quelle sull’altro lato sono invece completamente rase al suolo». Koirala ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché fornisca tende, medicine ed assistenza sanitaria. A Kathmandu migliaia di persone continuano a dormire sui marciapiedi, per strada, nei parchi, sotto tende di fortuna. Gli ospedali sono pieni zeppi, mentre acqua e cibo scarseggiano sempre più. Crescono i timori di malattie infettive. Oltre 250 persone risultano disperse sotto un valanga che ha travolto un villaggio, Ghodatabela, nel distretto di Rasuwa, a nord di Kathmandu, un’area in un parco naturale molto popolare per via dei bellissimi sentieri di trekking. Tra i dispersi, ci potrebbero essere molti turisti stranieri: «Stiamo cercando di raggiungerli, ma il cattivo tempo e la pioggia stanno ostacolando i soccorsi», ha riferito il governatore del distretto, Uddhav Bhattarai. Sono stati invece tutti tratti in salvo con gli elicotteri i 170 alpinisti rimasti bloccati al Campo numero 1 sull’Everest a quota 6.000: sfruttando una “finestra” di tempo buono tre elicotteri hanno fatto la spola lunedì ininterrottamente per tutto il giorno sopra l’invalicabile cascata di giaccio Khumbu. Infine, ieri si appreso che oltre 200 operai cinesi che lavorano in una centrale elettrica sono intrappolati nell’impianto, danneggiato dopo il terremoto. 
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: