mercoledì 22 settembre 2010
«Preoccupazioni profonde» del capo della delegazione vaticana. Il cardinale Turkson: chiari riferimenti all’aborto nel testo finale La Merkel gela l’Assemblea: «Obiettivi irraggiungibili nel 2015» e ammette i fallimenti. Il Pakistan: risultati azzerati dalle alluvioni.
- Non sia solo una passerella di Simona Beretta
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«Non abbiate paura dei poveri». Centrando senza esitazione la sottocorrente di timore che serpeggia al Palazzo di Vetro durante la revisione degli Obiettivi del millennio, il cardinale Peter K. A. Turkson ha denunciato ieri con forza le ipocrisie del consesso internazionale riunitosi per fare il punto sulla lotta alla miseria e ad intimare: «Bisogna combattere la povertà, non eliminare i poveri».Il presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace si riferiva alla parte del Documento finale del summit, che verrà sottoposta oggi all’approvazione dei capi di Stato e di governo, in cui si parla di «salute sessuale e riproduttiva e pianificazione familiare» in un modo che, secondo la Santa Sede, «solleva preoccupazioni profonde»: «Nel documento ci sono termini controversi – ha spiegato il cardinale – spesso interpretati come inclusione dell’accesso all’aborto e ai metodi di pianificazione familiare contrari alla legge naturale». Di qui il monito: «Ogni tentativo di usare gli Obiettivi del millennio per imporre stili di vita egoistici o, peggio, politiche demografiche per ridurre il numero dei poveri, sarebbe miope e malintenzionato». Il capo delegazione della Santa Sede ha sottolineato di parlare non solo come leader religioso, ma anche «come africano e uomo proveniente da una famiglia povera» e ha ricordato la ricchezza economica e sociale che deriva dal rispetto della vita, dal concepimento alla sua naturale conclusione, come ha sostenuto il Papa nell’enciclica «Caritas in Veritate». Quindi ha additato i molti modi che il mondo ricco ha ancora di sfruttare o mantenere in condizioni di bisogno quello povero le ipocrisie della comunità internazionale – figli della spregiudicatezza politica o affaristica o della paura dei poveri che reclamano l’opportunità di avere una vita più dignitosa. Fra questi l’esclusione dei Paesi sottosviluppati dai commerci internazionali, la corruzione internazionale, i comportamenti senza scrupoli nell’area della finanza, l’esistenza di paradisi fiscali e l’istigazione alle guerre e ai conflitti, fino al traffico illecito di persone, droghe e materie prime. Il cardinale non ha mancato però di sottolineare i passi avanti verso il raggiungimento di alcuni Obiettivi del Millennio, ma ha affermato senza illusioni che questi riguardano soprattutto le economie emergenti, mentre per l’Africa sub-sahariana la speranza di vedere la povertà dimezzata entro il 2015 resta un sogno. La soluzione, secondo il capo-dicastero vaticano, non sono solo maggiori aiuti, ma la creazione di condizioni che mettano l’Africa in grado di crescere e di «contribuire al benessere mondiale». Fra queste in primis lo sradicamento del debito estero per «prevenire il ricorso a certe situazioni di usura internazionale che hanno contraddistinto le ultime decadi del ventesimo secolo» e l’apertura dei mercati globali. In questo processo deve essere inoltre incoraggiato il ruolo dei «piccoli attori locali»: organizzazioni non governative, istituzioni religiose, associazioni, che non devono subire imposizioni o interferenze da parte dei governi donatori o riceventi. L’appello finale di Turkson alle Nazioni Unite è stato però rivolto alla vita. Anche in vista della presentazione, oggi stesso, di una “Strategia globale per la salute di donne e bambini” da parte del segretario generale Ban Ki-moon, il cardinale ha «rispettosamente invitato i Paesi partecipanti a fornire risorse sanitarie per le madri e per i loro bambini, compresi quelli non ancora nati».Ha gelato l’Assemblea generale invece l’intervento di Angela Merkel. Il cancelliere tedesco ha invitato la comunità internazionale ad ammettere che gli Obiettivi anti-povertà «non verranno raggiunti» entro il 2015. Ma si è rifiutata di dare la colpa ai Paesi ricchi. La responsabilità principale, ha sottolineato, è dei governi dei Paesi in via di sviluppo. Buongoverno, lotta alla corruzione e rispetto dei diritti umani sono, secondo il capo di governo tedesco, la chiave per la lotta alla povertà e la condizione che Paesi come la Germania (il terzo donatore al mondo) devono porre per mantenere aperto il flusso di aiuti. «L’aiuto ai Paesi in via di sviluppo non può continuare all’infinito», ha detto. Le ha risposto in via indiretta il ministro degli Esteri pachistano Mahmoud Qureshi, ammettendo che sono ora più lontani gli Obiettivi: «Le inondazioni hanno provocato gravi danni ai raccolti, ai centri abitati, alle industrie e hanno cambiato praticamente tutto».
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