«Per costruire un’Europa aperta e tollerante, prosciugare le sacche di emarginazione e attenuare i radicalismi, dobbiamo investire sui giovani, offrendo loro opportunità concrete perché abbiano maggior peso nella società...». Tibor Navracsics si sofferma più volte su uno degli obiettivi-cardine del proprio mandato di commissario europeo per l’Istruzione, la cultura, i giovani e lo sport. Avvocato e giurista ungherese, classe 1966, già ministro degli Esteri e della Giustizia, è membro del partito conservatore «Fidesz», guidato dal premier Viktor Orbán. Al centro del suo lavoro nella Commissione Juncker, ha posto gli investimenti per l’educazione, in un’Europa in cui – secondo un rapporto della stessa commissione – 27 milioni di giovani sono a rischio di povertà o di esclusione sociale: «L’Europa non può permettersi di lasciarli indietro».
Intanto quasi 9 milioni di under 30 sono disoccupati e altri 13,7 non lavorano né studiano. Come si esce dalla palude?Favorendo lo scambio di conoscenze, la mobilità, l’aggiornamento. Per anni l’Erasmus è stato popolare per via della mobilità che ha consentito in tutta Europa a milioni di studenti universitari. Ora noi puntiamo sul nuovo "Erasmus +", con un budget di 14,7 miliardi di euro fino al 2020, 2,2 per il solo 2016, più un altro miliardo e 680 milioni per progetti verso Paesi extraeuropei.
Il primo Erasmus fece conoscere l’Europa agli studenti, ma non li salvò dalla disoccupazione post lauream. Questo programma potrà farlo?Nei prossimi anni, il programma offrirà a 4 milioni di europei l’opportunità non solo di studiare, ma anche di acquisire esperienze professionali, rafforzando il dialogo fra culture diverse. Il 63% del budget sarà per la mobilità e, oltre alle possibilità per 2 milioni di studenti e il training per altri 650mila, ci saranno opportunità per 800mila insegnanti, educatori e giovani lavoratori, ricercatori e studiosi, istituti e imprese e per 500mila volontari...
Anche in Italia, milioni di giovani sono disoccupati. Questo programma li aiuterà concretamente?Dal 2013 c’è un altro programma, Garanzia giovani, con un budget cospicuo per dare offerte di lavoro, tirocinio o apprendistato entro 4 mesi dalla fine degli studi o dalla perdita del lavoro...
E come sta andando?Nei primi anni non è stato molto efficiente, perché i governi nazionali non hanno potuto usare quell’ammontare crescente di denaro. Ora potranno usare fino al 30% dell’intero budget di 6 miliardi di euro. Lo potrà fare anche il governo italiano...
el frattempo, nelle banlieue francesi e nelle periferie scandinave, italiane o spagnole, emarginazione e insofferenza alimentano rabbia e radicalismi...Ci sono Paesi dove la situazione è peggiore e altri meno. Dopo gli attentati contro
Charlie Hebdo e a Copenaghen, nel mio ufficio abbiamo ritenuto che la prima azione per fronteggiare i radicalismi fosse investire nelle scuole, negli insegnanti, che sono attori-chiave nell’integrazione sociale e possono capire in tempo se un ragazzo sta lasciando la classe per abbracciare istanze radicali. Possono educare gli alunni e insegnare loro valori come il dialogo, la democrazia, il rispetto delle leggi... A marzo abbiamo adottato un «action plan» e a novembre terremo una nuova riunione dell’Education Council per stabilire i modelli da seguire.
Mentre parliamo, altre migliaia di profughi sono in viaggio verso l’Europa. Saper accogliere e integrare chi otterrà il diritto d’asilo potrebbe prevenire futuri radicalismi, non crede?È una delle sfide più complicate del futuro. L’istruzione è uno dei veicoli più potenti per l’integrazione e dovremo operare affinché i sistemi educativi degli Stati membri siano in grado di rispondere alla sfida. Ma l’educazione non è solo un processo scolastico: dovremo anche supportare anche le comunità locali...
Ma fra i governi dei 28 Paesi serpeggiano ancora pregiudizi e xenofobia. C’è chi innalza muri e barriere. Da ungherese che fa parte della Commissione Ue, quei sentimenti la preoccupano? La spaventano?Voglio essere ottimista e guardare al futuro. Credo che l’intera Europa stia vivendo un processo di apprendimento. I primi arrivi di massa dei migranti sono stati scioccanti per diversi Paesi, ma ora dobbiamo concentrarci sul futuro, su come i profughi che resteranno potranno essere integrati nel miglior modo possibile.