mercoledì 5 novembre 2014
​La leader delle Abuelas de Plaza de Mayo ricevuta oggi a Santa Marta con con Guido, il nipote «desaparecido» ritrovato: «Insieme chiederemo al Papa di pregare perché si continui a cercare i nipoti perduti».
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Non è la prima volta che Estela Carlotto, l’inossidabile leader delle “Abuelas”, le coraggiose “Nonne di Plaza de Mayo”, vedrà il Pontefice. Ma quello di oggi è l’appuntamento che Estela ha sognato per tutta una vita. Piangendo, lottando. E pregando. Alle 17 entrerà in Casa Santa Marta, ma non avrà bisogno di appoggiarsi al bastone da nonna bisbetica che in trentasei anni di battaglie non si è fatta addomesticare. Si reggerà al braccio di Guido, un musicista trentaseienne conosciuto tre mesi fa. Si chiama come il marito che Estela ha perso. E in fondo è come se adesso ne prendesse il posto. Perché Guido, che credeva di chiamarsi Ignacio, è il “Carlotto rubato”. «Ogni giorno ho pregato Dio di non lasciarmi morire senza avermi prima fatto trovare mio nipote», racconta. Lo portarono via a Laura, primogenita di Estela, una sera di giugno del 1978. Già in gravidanza, la ragazza era stata arrestata mesi prima dalla soldataglia agli ordini del generalissimo Jorge Videla. Il compagno di Laura finirà nell’elenco dei trentamila desaparecidos. Ma lei, come almeno altre cinquecento donne, fu tenuta in vita fino al momento del parto. Giusto il tempo di portarle via il neonato, per poi ucciderla. Come da copione, il bambino venne illegalmente affidato a una famiglia senza figli. Da allora 116 nipoti sono stati rintracciati. Guido è il numero 114.  «Da Francesco ci saremo tutti, in totale diciotto Carlotto», dice Estela parlando agli amici di cosa accadrà stasera. E con quel “tutti” vuol dare l’idea che recarsi da Bergoglio significa che per l’Argentina «può davvero presentarsi un tempo di sincera pacificazione, senza per questo rinunciare a giustizia e verità. Il ritrovamento di Guido – osserva –, è frutto di una lotta fondata sull’amore e sulle pace. Nessuna vendetta». È stato “padre Jorge”, come lo chiama Estela, a volere questa festa. Il Papa per gli argentini è motivo d’orgoglio. «Lo stiamo conoscendo meglio adesso di quando stava a Buenos Aires. Su di lui circolavano voci negative », ammette la “abuela” chiarendo una volta per tutte quale sia il suo pensiero a proposito delle calunnie fatte circolare ad arte contro l’allora padre Bergoglio, accusato di non essersi opposto alla giunta militare. Poi sono arrivate le inchieste giornalistiche, a cominciare da quella condotta da Avvenire, che «ci hanno permesso di conoscere – dice Carlotto – tutta la verità sulle cose buone che invece Bergoglio aveva fatto per proteggere tanta gente». Un’opera rimasta a lungo avvolta nel silenzio. Un atteggiamento che Estela per un verso ammira e per l’altro, dall’alto della sua storia, un po’ gli rimprovera: «Di questo lui non parlava molto».  È tarda sera quando finalmente Guido raggiunge Roma, dove lo aspetta la nonna, tredici cugini e quattro nipoti. «Il primo sentore che qualcosa non era come avevo sempre creduto – racconta – l’ho avuto alla fine di un concerto nel 2006, quando una ragazza disse che non somigliavo per nulla ai miei genitori ». Da allora tante domande tenute per sé. E poi, non è così semplice né così facile dubitare di chi ti vuol bene: «I miei genitori adottivi mi hanno cresciuto nell’amore e nel bene». Sarà stato il jazz che lo ha abituato a trovare nell’improvvisazione un’occasione per scoprire qualcosa di nuovo, oppure sarà stato il tarlo delle domande. Ma la sera del 4 giugno scorso Ignacio si è seduto davanti a una tastiera per comporre una partitura nuova. Scrisse un’email poco dopo aver festeggiato i suoi 36 anni. Era destinata alle “Abuelas”. Il resto: l’esame del Dna, la scoperta di quel che accadde nel ’78, sono storia. E sono anche emozioni, «che racconterò al Papa, al nostro Bergoglio». Guai, però, a pensare che nonna Estela tiri i remi in barca. «Ora che ho trovato Guido, Laura può finalmente riposare in pace. Ma a Bergoglio chiederò di pregare perché io abbia la forza, fino all’ultimo respiro che Dio mi concederà, di continuare a cercare i bambini rubati».  
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