Un incoraggiamento alle «iniziative che perseguono un progressivo disarmo e la creazione di zone libere dalle armi nucleari, nella prospettiva della loro completa eliminazione del pianeta» è stato rivolto ieri dal Papa alle nazioni impegnate all’Onu nella revisione del Trattato di non proliferazione nucleare. Poche ore dopo, Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina si sono dette favorevoli a un Medio Oriente «libero da armi nucleari». È la prima volta che il Consiglio di sicurezza dell’Onu s’impegna a completare il disarmo atomico del Medio Oriente. Un’ipotesi che implica lo smantellamento degli arsenali di Israele, l’unico Paese nella regione a non aver sottoscritto il Trattato di non proliferazione e a possedere testate nucleari, anche se non lo ha mai ammesso. La creazione in Medio Oriente di una sesta zona senza ordigni di distruzione di massa (che si aggiungerebbe a Africa, Sudest asiatico, Asia centrale, Pacifico meridionale e America latina) non è un’idea nuova: viene ventilata dal 1974 ed è stata formalmente inserita nello stesso Trattato nel 1995, durante una delle sue revisioni quinquennali. Il pronunciamento di ieri dei cinque membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu segna però una svolta rispetto alle politiche degli ultimi 35 anni quando nessun passo concreto è stato fatto per far rispettare la modifica del 1995.«Siamo impegnati a sviluppare pienamente la risoluzione Npt (non proliferation treaty) del 1995 sul Medio Oriente, e supportiamo tutti gli sforzi per raggiungere questo fine», hanno detto ieri i cinque grandi. Il comunicato, inviato alle nazioni che stanno facendo il punto sul Trattato al Palazzo di Vetro, è stato accolto con soddisfazione dai Paesi arabi che dall’avvio della conferenza lunedì scorso, ribadiscono la necessità di passare dalle parole ai fatti nella denuclearizzazione del Medio Oriente. Le nazioni arabe, Egitto in testa, sono infatti arrivate a New York determinate ad aumentare la pressione internazionale su Israele affinché dichiari le dimensioni del suo arsenale, firmi il trattato e avvii un processo di disarmo, visto come un passo fondamentale per una ripresa del dialogo per la pace nella regione. L’appoggio dei Paesi con potere di veto è arrivato proprio mentre il rappresentante permanente dell’Egitto alle Nazioni Unite, Maged Abdelaziz, chiedeva ai Paesi del Medio Oriente di impegnarsi in «negoziati sinceri» per stabilire l’area denuclearizzata. Ad aver fatto la differenza rispetto ad altre riunioni, durante le quali simili richiami erano andati inattesi, è stata la posizione degli Stati Uniti. Il segretario di Stato Hillary Clinton lunedì aveva dichiarato senza mezzi termini che «un Medio Oriente libero da ordigni nucleari» era «una necessità» e che gli Usa erano pronti a «sostenere ogni misura pratica che raggiunga quell’obiettivo». Un fine verso il quale ha cominciato ad adoperarsi attivamente nelle ultime settimane anche la Russia, lavorando insieme a Washington a una bozza di «misure concrete» da presentare a Israele, mentre diplomatici americani starebbero lavorando con gli omologhi israeliani alla definizione di tali misure. Dal 1970 ad oggi le Amministrazioni americane, pur sottoscrivendo il Trattato di non proliferazione, hanno sempre appoggiato la «politica dell’ambiguità» sulle armi atomiche abbracciata da Israele in nome della necessità di difendersi dalle minacce lo circondano. L’Amministrazione Obama, impegnata ad avviare la progressiva eliminazione di armi nucleari dal pianeta, non è più disposta ad accettarla.Il difficile lavoro di concertazione in atto è più che mai necessario se, come ha auspicato ieri Benedetto XVI, si vogliono «superare i condizionamenti della storia e tessere pazientemente la trama politica ed economica della pace, per aiutare lo sviluppo umano integrale e le autentiche aspirazioni dei Popoli». Perché la pace, ha sottolineato il Papa, «riposa sulla fiducia e sul rispetto degli obblighi assunti, e non soltanto sull’equilibrio delle forze».