domenica 28 marzo 2010
Con le istituzioni statali in frantumi, la macchina dei soccorsi arranca. Mercoledì si apre negli Stati Uniti il summit dal quale dovrà uscire un cambio di strategia. La Caritas propone un Piano Marshall da 20 miliardi per cinque anni: metà degli stanziamenti vadano al sistema sociale e vengano gestiti dalle organizzazioni non governative.
COMMENTA E CONDIVIDI
Attorno alle macerie della città vecchia aleggia l’odore della morte. Ci sono palazzi accartocciati nel centro di Port-au-Prince dove nessuno ha potuto estrarre i cadaveri per gettarli nelle fosse comuni. Ma sulla Rue des Miracles, la via dei miracoli, che taglia il centro fino al porto, la vita è ripresa in uno scenario spettrale. Davanti agli scheletri dei palazzi è tornato il solito, piccolo commercio di strada, mentre le radio diffondono musica caraibica.«In fondo non vivevamo molto diversamente prima, ci si arrangiava – dice con sarcasmo un venditore della storica borsa del ferro, che dopo il terremoto è fiorente più che mai –. Solo il traffico è diventato più caotico per le macerie». Per le vie sfrecciano i tap tap, gli autobus colorati con scritte religiose e le auto potenti delle ong occidentali. Agli angoli delle strade, cumuli di rovine ed ettari di spazzatura che alla sera qualcuno brucia. E tende. Chi può ne ha eretta una davanti a casa, chi ha perso tutto si è rifugiato in tendopoli spontanee spesso sovraffollate e fuori controllo in zone dette rosse, perché sorgono su terreni argillosi che si allagheranno con le imminenti piogge. Le tende spuntano nei parchi, nei campi sportivi, su terreni privati da dove i proprietari vorrebbero sloggiarle, invadono le strade. Non vi sono latrine, l’igiene è precaria. In più il crollo del carcere ha rimesso in libertà i delinquenti più pericolosi della capitale.Due mesi e mezzo dopo il sisma, a tre giorni dall’inizio della conferenza dei donatori a New York, tutto è fermo al 12 gennaio. Non si sa quanti sono i morti, è certo che è stato un disastro peggiore dello tsunami concentrato su pochi chilometri quadrati. La scossa ha distrutto i palazzi coloniali della città vecchia, la cattedrale, il palazzo presidenziale e quasi tutti i ministeri. Poi sono crollate le case costruite sulla ghiaia in periferia e cadute per effetto domino. Hanno resistito le case dei ricchi in collina a Petionville e le baraccopoli come Cité Soleil che da sola ospita mezzo milione di persone. Port au Prince, nonostante la sua voglia di vivere, somiglia a un girone dantesco. Nessuno sa spiegare come sopravvivono i suoi abitanti. La gente nei campi conferma infatti che gli aiuti non arrivano. La distribuzione dei viveri è più tranquilla, ma il programma alimentare dell’Onu distribuisce sacchi di riso da 50 chili solo davanti ad alcuni commissariati con la scorta armata dei marines. La situazione sta diventando insostenibile, l’acqua costa 60 centesimi al litro, il costo della vita è schizzato ai livelli di Los Angeles. C’è un fiorente mercato nero degli aiuti in un Paese che, prima della tragedia, era agli ultimi posti per corruzione della pubblica amministrazione.«Ci siamo tutti comprati le tende e il cibo – conferma Dorvillien Dihms, professore di tecnologia e leader del campo di Delmas 33, quartiere di collina –. Viviamo grazie ai risparmi, alla solidarietà e a quello che ci inviano i parenti migrati negli Usa». In città vi sono 5000 ong, ma tutte sono costrette a lavorare a rilento. Per giunta il governo ha animato contro di loro una campagna di ostilità.«Non ho mai visto una situazione così difficile – afferma Mauro Ansaldi, l’esperto italiano responsabile del team d’emergenza della Caritas Internationalis - sembra il peggiore degli incubi dopo due mesi siamo ancora in piena emergenza, che protrarremo fino a maggio. Vi sono problemi colossali che ostacolano qualunque intervento. Dopo i rapimenti delle settimane scorse di operatori Caritas, la sicurezza è precaria. Di sera scatta il coprifuoco, vi sono zone inaccessibili in città mentre la mancanza di strade ostacola la distribuzione degli aiuti fuori». E i fondi? «Paradossalmente la rete Caritas globale ha raccolto 300 milioni di euro. Resteremo qui per anni, ma se mancano le linee strategiche per ricostruire, possiamo fare davvero poco. Come possiamo intervenire strutturalmente in campi che le autorità vogliono spostare perché la zona è pericolosa e sovraffollata e va demolita? D’altro canto nessuno sa dove mettere la gente. Prima del terremoto la situazione era disastrosa, oggi lo Stato non c’è più».La Caritas ha scelto tre vie di intervento d’emergenza. La prima è assicurare nei campi la distribuzione dell’acqua potabile e l’installazione di latrine, fondamentali per l’igiene nella stagione delle piogge. La seconda è distribuire il cibo attraverso una collaborazione con l’Onu, la terza è intervenire sulle fasce più vulnerabili, in un paese dove 300 mila bambini poveri vengono venduti a famiglie più ricche dai genitori come domestici. Al momento paga 5 dollari al giorno l’impiego dei maschi adulti in lavori di rimozione delle macerie e di pulizia delle strade. In tutto aiuta 50mila persone ascoltando le indicazioni dei parroci,La Caritas sa che la conferenza è strategica e il governo ci arriva senza avere molte idee sul da farsi. «Abbiamo presentato al presidente Preval – spiega il vescovo Pierre Dumas, presidente della Caritas nazionale – un piano di cui non ci interessa la titolarità, elaborato insieme ai vescovi in nunziatura, dove chiediamo un piano Marshall per Haiti di 20 miliardi di dollari per cinque anni che delocalizzi la popolazione dalla capitale dando alloggi e opportunità lavorative alle famiglie terremotate, che protegga i più vulnerabili e ricostruisca le scuole e gli ospedali per migliorare una situazione già gravissima. Proponiamo perciò che metà degli aiuti vadano al sistema sociale e che siano gestiti dalle ong».La corte dei miracoli che circonda le rovine della cattedrale, il popolo disperato dei campi, la gente degli slum non hanno voce, ma per una volta il mondo dovrebbe ricordarsi della povera Haiti, angolo d’Africa nei Caraibi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: